
VERBANIA – 10.05.2018 – Ho sbagliato, sono pentito,
chiedo scusa a tutti soprattutto a chi consideravo come un secondo padre. Mauro Gallia, 54 anni, ex assicuratore accusato di aver truffato clienti e amici clienti e amici stipulando false polizze per fondi pensione inesistenti e trattenendosi centinaia di migliaia di euro, ammette tutto. L’aveva già fatto durante le indagini, quando il castello di bugie che aveva costruito per anni era crollato sotto le denunce e di fronte a una verità cruda: aver fatto sparire i risparmi affidatagli da persone di cui era amico. E l’ha ripetuto oggi in aula, accettando di sottoporsi all’esame. “Sono stato divorato dal demone del gioco”, ha raccontato ripercorrendo gli ultimi dieci anni della sua vita, quelli in cui è precipitato in un baratro –“ho perso tutto, il lavoro e anche la famiglia”, ha spiegato– apertosi quando, insieme a un amico conosciuto sui campi di calcio (Gallia è stato direttore sportivo di Baveno, Verbania e, ultimamente, dell’Arona), andò all’ippodromo. “Cominciai a giocare ai cavalli e divenne un ossessione – ha detto –. Iniziai ad andarci sempre più spesso, anche tutti i giorni, trascurando l’agenzia. Spendevo anche 1.000-2.000 euro a settimana. Avevo fin assunto una ragazza per tenere aperto il pomeriggio, nascondendolo a mia moglie, che poi se n’è andata”.
La professione di assicuratore l’aveva intrapresa nell’’88, all’Ina Assitalia di Verbania. “Sino a fine anni ’90 il lavoro girava, guadagnavo bene, ero stimato. Poi ci furono cambi nella compagnia, persi gran parte delle provvigioni e non potei più far fronte alle spese di gioco”. Via dall’Ina Assitalia l’assicuratore passò anche per l’Unipol di Gravellona Toce e l’Allianz Ras di Intra, compagnie delle quali è accusato di aver falsificato i contratti. “Tutto vero, anche se ci tengo a dire che l’agente che ha testimoniato l’altra volta (Andrea Cogliati, ndr), non perse il mandato per colpa mia. La compagnia gli contestò anche altre vicende legate a un diverso socio”.
Il tracollo è arrivato più o meno dopo il 2009, quando ha iniziato ad attingere ai risparmi dei clienti, dai quali riceveva ingenti somme di denaro che teneva per sé, dilapidandolo nelle sale scommesse. “Era un vizio, nelle sale scommesse da Arona a Domodossola mi conoscono tutti. Oggi sono in cura al Serd, ma non credo proprio di essere guarito, gioco ancora se posso”. Al Serd le sue frequentazioni terapeutiche sono state, negli anni, discontinue. Un primo accesso nel 2007, per anni più nulla, alcune sedute nel 2013 interrotte e, poi, di nuovo una frequenza nel luglio 2014, quando ormai la sua dipendenza era nota ai clienti: “Già prima ero andato a Casa Don Gianni, a Domodossola, dove si faceva terapia di gruppo, ma ero frenato perché c’era gente che conoscevo”.
Gallia, che è difeso dall’avvocato Antonello Riccio, ha messo a disposizione dei creditori la casa di Baveno di cui è proprietario e che, disabitata, ha messo in vendita da qualche anno. L’immobile, peraltro, è ipotecato e, anche se fosse venduto, ciò che rimarrebbe non basterebbe per tutti, un fatto sottolineato da uno degli avvocati delle parti civili, Massimo Vairetti, che nel controesame gli ha chiesto dei metodi delle truffe e se giocasse ancora nonostante viva di poche centinaia di euro ottenuto come procacciatore di contratti elettrici. “Non miravo alle vittime con l’obiettivo di frodarle – s’è giustificato –. I contratti erano inizialmente regolari, poi avevo bisogno di soldi e facevo quel che facevo… In quelle circostanze non ero lucido”.
Sulla lucidità l’ha incalzato il giudice Donatella Banci Buonamici, che ha cercato di capire se la ludopatia sia, nel suo caso, patologica (l’avvocato Riccio ha rinnovato la richiesta di perizia psichiatrica avanzata a inizio procedimento ma rigettata due volte). Il ludopatico -questo il suo ragionamento- truffa per coprire i debiti e per tacitare gli strozzini, non per giocare di nuovo.


