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casello aut

VERBANIA – 12.04.2018 – Accodarsi a chi ti precede

al Telepass, usare una targa falsa, confessare al casellante d’essere al verde e ripartire con un pro-memoria… Sono tanti, penalmente rilevanti e non, più o meno ingegnosi, gli stratagemmi con cui si può aggirare il pagamento del pedaggio autostradale. “Autostrade per l’Italia” ci fa i conti tutti i giorni e in tutta Italia, nelle regioni ritenute virtuose, tanto quanto in quelle in cui ci si aspetta che gli automobilisti siano più birichini. Per dare l’idea del fenomeno dei caselli “bucati”, vale quanto raccontato oggi al tribunale di Verbania (ma anche negli altri numerosi processi simili tenuti in precedenza) dal responsabile del contenzioso per il nord-ovest della società. Il procedimento penale che vede imputato un autotrasportatore bergamasco è nato grazie al software Tur, acronimo di Transiti utenti recidivi. Le Autostrade l’hanno installato nella loro centrale operativa, cui sono connessi tutti i caselli. Quando a uno di essi il guidatore, per qualunque ragione (non ha i soldi, è privo di carte, il telepass non funziona…) non paga, l’operatore inserisce a terminale i dati del veicolo prima di lasciare l’avviso di omesso pagamento. Se la targa appartiene alla categoria dei grandi morosi si accende una sorta di spia. L’allarme raggiunge il pc della centrale, il funzionario chiede al casellante di rallentare l’operazione e nel frattempo si avvisa la Polstrada, che se è in zona parte e ferma il mezzo per identificare il conducente. Da questo controllo Tur del 22 novembre 2014 è scattata la denuncia che ha portato al processo odierno.

Sul piano penale il “salto del casello” è insolvenza fraudolenta (la pena è fino a due anni di reclusione o 516 euro di multa), il delitto di chi contrae un obbligo economico che è certo non manterrà. Ma talvolta si può incorrere nella truffa, il delitto di chi, con artifizi o raggiri, induce qualcuno in errore e procura per sé o altri un ingiusto profitto o cagiona un danno (la pena va da sei mesi a tre anni, con multa da 51 a 1.032 euro). Alcune Procure ritengono questa pratica semplicemente una questione civile. Per la punibilità penale la denuncia va presentata entro 90 giorni dal fatto, una questione non semplice se si conta che quotidianamente circolano milioni di veicoli sulle strade, pagando pedaggi mediamente bassi, il cui importo è inferiore a quello di una causa. C’è poi da capire chi è il responsabile dell’illecito, cioè chi sta al volante nel caso soprattutto di veicoli privati. In questo senso la legge sulla privacy impedisce alle Autostrade di fotografare il volto degli automobilisti. Non della targa. Ma se fino a un anno fa – per ammissione del dirigente dell’azienda – la foto era solo a quella posteriore, il controllo è stato esteso a quella anteriore. Perché? Perché qualcuno, ingegnandosi, falsificava o sostituiva la targa che sapeva sarebbe stata immortalata.

Nel campo civile, il recupero crediti è una macchina affidata a una società ad hoc del gruppo. Se non si paga, dopo 15 giorni viene spedito un primo avviso a casa. Se l’esito è negativo ne parte un altro, e se necessario un terzo, tutti a intervalli regolari (in un anno ne partono in totale 3,5 milioni). Solo a quel punto, circa 265 giorni dopo, s’avvia l’azione legale, che non sempre va a buon fine perché magari chi è moroso non ha beni da aggredire legalmente.

Tutto ciò con buona pace di chi paga correttamente il dovuto e che ogni 1° gennaio impreca per gli immancabili rincari su questa o quella autostrada.

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