
VERBANIA – 09.03.2018 – Una ricostruzione contestata
e una battaglia legale annunciata sul piano civile per avere almeno un risarcimento del danno. È questo lo spirito con cui s’è costituito il comitato “Amici di Pierre Basse”, a sostegno del 38enne migrante del Senegal Pierre Basse Chomak, che dopo l’incidente stradale di Candoglia del 7 gennaio 2017 vive di fatto quasi come un vegetale, ricoverato in un centro specializzato del Parmense che presto potrebbe essere costretto a lasciare, anche se non si sa ancora per quale altro ricovero. La sua vita è stata stravolta: non parla, non si alimenta da solo, non muove gli arti e solo di recente ha dato lievi segnali di miglioramento. In primavera è diventato padre perché la moglie, all’epoca dei fatti in avanzato stato di gravidanza, ha partorito il suo primogenito in Senegal e da allora non è riuscita, per i tempi lunghi della diplomazia consolare nel rilasciare il visto umanitario, nemmeno a vederlo o ad accudirlo.
Per il sinistro il tribunale di Verbania ha scagionato dall’accusa di lesioni stradali colpose gravissime Enrico Borghi (nella foto), il parlamentare e sindaco di Vogogna che lo investì.
. Ma le persone vicine a Pierre e alla sorella Reine, che vive in Francia (altri familiari risiedono in Ossola) e che ha affidato la pratica legale all’associazione nazionale “Vittime della strada”, non ci stanno. Stigmatizzano sul piano etico il comportamento di Borghi, che non è mai nemmeno andato a trovare il giovane, di cui è anche sindaco. E soprattutto contestano la versione del “tuffo” sotto l’auto cui è giunta l’indagine della Procura di Verbania. O ha cercato il suicidio, o ha tentato di evitare l’auto – sostengono: “la prima è, di fatto, la versione dell’onorevole Borghi, che è anche quella esposta fin da subito sulla stampa locale (…). Ma Pierre, che la sua versione non ha potuto darla visto lo stato in cui si trova, non aveva nessuna intenzione di suicidarsi. Era molto felice della nascita imminente del suo primo figlio, di cui parlava con tutti gli amici e con la moglie a cui telefonava ogni giorno”.
Il gip ha attribuito la piena responsabilità dell’incidente al senegalese. Una versione non condivisa dagli amici, né dall’avvocato Giuseppe Bellanca, che ha presentato per la sorella Reine l’opposizione all’archiviazione, poi rigettata. I motivi stanno in una serie di rilievi: un comportamento “non impeccabile” della Polizia Stradale e, “ancora peggio, una perizia cinematica approssimativa e non sufficientemente approfondita”. Sul piano tecnico le conclusioni sono confutate dagli “Amici di Pierre Basse” in primis dall’impossibilità di stabilire oggettivamente che la velocità della Range Rover fosse moderata – come ha riferito una testimone – perché lo stesso Borghi l’aveva spostata. Poi anche dai rilievi medici e dal fatto che l’investito si sia rotto il bacino sul lato destro, segno che forse non stava camminando nello stesso senso del veicolo. “L’auto è stata incredibilmente lasciata nella disponibilità dell’investitore per ben 20 giorni, prima che venisse deciso di operarne il sequestro per le analisi del caso – aggiungono –; non è stato effettuato l’alcool test perché la macchinetta del test era rotta: data la gravità dell’incidente, non sarebbe forse stato il caso di accompagnare l'On Borghi in ospedale per gli opportuni accertamenti? Non è stato neppure possibile sapere se l'On. Borghi (la cui patente era oltretutto scaduta da 10 mesi) fosse stato distratto alla guida, magari perché al telefono (evento non impossibile, data l'attività di politico e le numerose telefonate che, probabilmente, effettua e riceve quotidianamente). Incredibilmente, non è stato disposto né il sequestro del cellulare né sono state effettuate le verifiche sui tabulati telefonici della sua utenza”.
“A tutto ciò si aggiunge adesso questa archiviazione del Tribunale di Verbania – concludono –, che rende sempre più sottili le speranze di avere almeno un ristoro economico per Pierre e la sua giovane famiglia. Ma non ci arrendiamo. Riprenderemo la battaglia legale sul piano civile”.


