
VERBANIA – 01.08.2018 – Quando, nel 2000 a Sidney,
Beniamino Bonomi firmò l’impresa con Antonio Rossi vincendo l’oro olimpico nel K2, Carlo Tacchini aveva cinque anni, frequentava l’asilo e la canoa l’aveva probabilmente vista qualche volta al lago. Oggi, diciotto anni dopo, i due sono un team. Il finanziere, ex atleta con un palmares ricchissimo (su tutti: un oro e tre argenti olimpici nei cinque Giochi disputati da Seul ’88 a Atene 2004), è diventato da qualche tempo il suo allenatore. “Uno dei suoi allenatori – precisa –, perché facciamo un lavoro di staff. La Polizia lascia molta libertà a Carlo, la Federazione sta in disparte ed è un bene e così si può lavorare nel migliore dei modi”. Rispetto ai suoi tempi, e nella nuova veste di tecnico, Bebo lavora su metodi e tecnologie aggiornate, anche se l’elemento centrale resta l’uomo, l’atleta. “Oggi in barca ci sono sensori e gps che restituiscono dati su dati e ‘raccontano’ la gara centimetro per centimetro – spiega –. Partiamo da qui per portare in allenamento ciò che serve a migliorare”. Poi c’è Carlo. “Che ha qualità, talento e voglia di sacrificarsi. Ormai ha raggiunto quel livello internazionale in cui tutto cambia e ci si misura con le migliori scuole del mondo. L’Italia forse è un gradino indietro ma rivedo nel nostro lavoro quello che fece come cittì Oreste Perri ai nostri tempi. Carlo è giovane, è migliorato molto e ha ancora margini di miglioramento. Dovrà misurarsi con i più forti e credo che a Tokyo si farà trovare pronto. L’obiettivo è una medaglia ma se qualcuno ci arriverà davanti vorrà dire che sarà stato più bravo e gli stringeremo la mano”.
Tra Bebo e Carlo c’è sintonia e l’allievo, che con modestia riconosce “che ci sono atleti che hanno raccolto molti più risultati di me, a partire da lui”, ma che ne ascolta i consigli, ne assorbe quella “voglia di arrivare” che l’ha fatto diventare campione olimpico e che, per gli scherzi del destino, è stato colui che per primo l’ha messo in barca. “Ricordo ancora quel giorno – rammenta Bonomi – è venuto da solo e ha provato”.
C’è un filo che unisce i due, separati da una generazione e, per ora, da quei successi che il più giovane Tacchini sognava solo fino a qualche anno fa e ora vede più vicini.


