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GHIFFA – 18.07.2018 – Cristian, Salvatore, Ercole, 

Salvatore, Roberto, Alessandra, Andrea… È costellata di croci, tante di motociclisti, ciascuna con il suo nome, la strada statale 34 del Lago Maggiore. Andrea Pinzino, deceduto ieri, è solo l’ultimo del lungo elenco di coloro che hanno perso la vita in un incidente stradale sulla litoranea, tra i rettilinei e le curve dei poco più di venti chilometri compresi tra Verbania e il confine di Stato. Le statistiche, i freddi numeri che fanno da contraltare a storie di vite e famiglie spezzate, sono impietosi. In undici anni, dal 2007 a oggi, sono morti sette motociclisti. Cristian Perucchini, 22 anni, frontaliere verbanese, scivolò e finì sotto un’auto in località Sasso, all’ingresso di Verbania, nell’agosto 2007. Salvatore Cardinale, 39 anni, cusiano, saliva verso Oggebbio quando perì in sella al suo scooter nel maggio 2009. Proveniva da Olgiate Comasco e aveva 40 anni Ercole Gentile, mai tornato da una gita in moto sul Lago Maggiore: nell’aprile 2011 si schiantò contro un’auto al Lauro di Ghiffa. Risale al settembre 2016 l’incidente di cui fu vittima, di fronte all’ex Panizza di Ghiffa, il 47enne frontaliere Salvatore Ponzio. Data luglio 2017, quasi un anno fa, la caduta dalla sella della moto del fidanzato costata la vita ad Alessandra Lupano, commessa borgomanerese di 26 anni. Andrea Pinzino è l’ultimo di questo triste elenco, al quale si può aggiungere il 68enne farmacista ticinese Roberto Rigamonti, schiacciato dai massi staccatisi nel marzo del 2017 dal versante franato in località Carmine di Cannobio. Agli incidenti mortali vanno aggiunti i 7 con feriti gravi accaduti dal 2000 a oggi (settembre 2000, settembre 2002, giugno 2006, agosto 2007, aprile 2009, luglio 2011, aprile 2013). E le decine in cui i mezzi coinvolti sono state automobili.

È del tutto evidente che la 34, un’arteria internazionale, è una strada ad elevato rischio, di quelle da “bollino rosso”. Traffico intenso tra turisti e frontalieri e pure qualche mezzo pesante, tratti con poca visibilità, larghezza ridotta della carreggiata in alcuni punti, versanti friabili, “complicati” attraversamenti urbani… I motivi sono tanti e andrebbero analizzati per. Intanto il dato resta: sulla 34 si continua a morire.

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