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auto prova

BAVENO – 14.07.2018 – Ottocento euro di verbale,

il sequestro del mezzo e l’obbligo di portarselo via col carro attrezzi. A nulla sono valse le proteste, carte alla mano, con cui un rivenditore d’auto del Verbano, fermato l’altro ieri dai carabinieri di Stresa a un posto di blocco sulla statale a Baveno, ha eccepito alla mancanza di assicurazione del mezzo che stava guidando, il fatto che fosse coperto dall’assicurazione della “targa prova” ben esposta sul retro. Il veicolo era di proprietà di un cliente per cui lo deve vendere ed era guidato dal legale rappresentante della concessionaria, quindi da persona autorizzata. I militari l’hanno comunque sanzionato per la violazione dell’articolo 193 del codice della strada. Guidare un veicolo non assicurato è infatti punito molto severamente.

La multa, che il destinatario intende contestare e che già all’atto di firmare il verbale ha voluto fosse chiarito ritiene ingiusta, rientra in una diatriba nazionale di stampo burocratico che coinvolge due ministeri, le prefetture e il Consiglio di Stato e che ruota tutta attorno alla “targa prova”. L’articolo del codice della strada che l’ha introdotta è stato rivisto nel 2001 e pareva inizialmente consentirne l’uso solo per i veicoli non immatricolati, quelli da testare su strada. Nell’aprile del 2004 il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con una sua interpretazione, aprì anche ai mezzi immatricolati, cioè quelli dati in conto vendita ai concessionari e quelli affidati a meccanici e officine per testarli prima o dopo la riparazione.

Di recente una sentenza del tribunale di Vicenza ha ribaltato la questione. Nel dicembre 2017 la prefettura di Arezzo ha chiesto un chiarimento, un’interpretazione autentica, che la direzione centrale della Polizia Stradale (che ricade sotto il ministero dell’Interno) ha redatto in maniera restrittiva: la “targa prova” è solo per i veicoli non immatricolati. La comunicazione, ufficiale dal 30 marzo 2018, ha prodotto la levata di scudi di meccanici e rivenditori d’auto, che hanno bussato all’altro ministero, quello delle Infrastrutture e dei Trasporti. In questo tilt istituzionale i due ministeri hanno avviato un tavolo tecnico congiunto dal quale è uscita una situazione di compromesso, tipicamente italiana: chiedere un parere al Consiglio di Stato. La palla è stata quindi spedita alla magistratura ma, nel frattempo, per non creare confusione, è stata diramata la circolare 30 maggio 2018 che, testualmente, recita: “nelle more del parere del Consiglio di Stato (…) sia evitata ogni azione sanzionatoria”.

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