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VERBANIA – 05.07.2018 – La sua fu una sorta di ritorsione,

la piccola vendetta nei confronti della donna con cui aveva una relazione sentimentale burrascosa culminata, la sera prima, in una lite con sassate. È con questi propositi che in una sera del settembre 2014, per tre volte, un 62enne verbanese chiamò la polizia annunciando che in una via del quartiere Sant’Anna –di cui fornì il numero civico– c’era un omicidio in corso. Le prime due chiamate partirono da una cabina pubblica, la terza da un cellulare che poi risultò intestato e in uso a lui. In quest’ultima telefonata, l’ignoto (perché tale era in quel momento) si dichiarò ai poliziotti della sala operativa della questura con un nome e cognome fittizi. Pur confermando che era in corso un omicidio, aggiunse che si trattava di una bufala, di uno scherzo. Una pattuglia si recò ugualmente sul posto e accertò che nulla di quanto era stato prospettato al telefono era reale. Raccogliendo la testimonianza della donna, una vedova 56enne, emerse anche che il numero di cellulare da cui era partito il terzo allarme era quello dell’ex.

Da questo episodio a metà tra il dispetto amoroso e un pesante scherzo telefonico è scaturita un’indagine che ha portato il verbanese a processo per procurato allarme e falsa attestazione della propria identità a un pubblico ufficiale. Nel procedimento tenutosi oggi con rito abbreviato davanti al giudice Annalisa Palomba, è stato lo stesso pm Anna Maria Rossi a chiedere l’assoluzione perché, dopo aver modificato il capo di imputazione in simulazione di reato, ha ritenuto che quella “confessione”, seppur alla terza telefonata, ne escludesse la colpevolezza. Di analogo parere l’avvocato della difesa, Beniamino Ricca, che ha anche sottolineato come non ci fosse prova che le prime due telefonate fossero riconducibili al suo cliente. Il giudice l'ha mandato assolto.

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