TREVISO – 27.06.2018 – Quando, il 25 giugno
di un anno fa, il ministero dell’Economia e delle Finanze pose in liquidazione coatta amministrativa Veneto Banca, l’istituto era insolvente, con un buco di 538,5 milioni di euro. A scrivere un nuovo capitolo, quasi un colpo di scena, della tribolata storia di Montebelluna, è stato il tribunale di Treviso. Oggi il collegio della sezione fallimentare presieduto da Antonello Fabbro e composto da Francesca Vortali e Petra Uliana ha sciolto la riserva sulla richiesta avanzata dal sostituto procuratore Massimo De Bortoli, accogliendola e dichiarando, appunto, l’insolvenza di Veneto Banca.
Nelle diciotto pagine della sentenza depositata oggi si ripercorrono le ultime tappe del percorso di dissesto sino allo spartiacque dell’intervento governativo, che ha disposto la liquidazione coatta amministrativa e ceduto l’attività bancaria al simbolico valore di un euro (compresa la popolare di Vicenza) a Intesa Sanpaolo. Quando ciò accadde, fotografano i giudici, il patrimonio netto contabile era di 1,7 miliardi e lo sbilancio del passaggio a Intesa Sanpaolo valeva 2,3 miliardi. La differenza, i 538,5 milioni, sono un buco che non si sarebbe potuto colmare. In termini pratici l’istituto, anche vendendo tutto, mai avrebbe potuto restituire il denaro dovuto ai creditori.
Questo fatto è importante per valutare innanzitutto le responsabilità degli amministratori. La dichiarazione di insolvenza attesta lo stato fallimentare di Veneto Banca e permette di aprire un’inchiesta per bancarotta fraudolenta, i cui termini di prescrizione del reato sono molto lunghi. In concreto chi è già a giudizio per ostacolo alla vigilanza e aggiotaggio non ha più la quasi certezza di uscire indenne dal processo. Ma non è escluso che questa sentenza apra le porte di un ulteriore indagine per chi ha gestito Montebelluna dopo Flavio Trinca e Vincenzo Consoli, anche negli ultimi drammatici giorni. La Procura di Treviso s’è già attivata in questo senso e ha aperto un fascicolo.
Gli effetti pratici per gli azionisti sono tutti da valutare, a partire dalle azioni revocatorie dei contratti stipulati prima della messa in liquidazione.


