CAMBIASCA – 26.06.2018 – I palloncini che si librano
nel cielo di Cambiasca sono del colore della purezza d’animo, bianchi come le sparute nuvole che incorniciano una bella mattinata estiva, candidi come i sentimenti che Giacomo Bellora evoca nei tanti che si sono radunati davanti a San Gregorio Magno -dentro non c’è più posto, la chiesa trabocca di gente e tracima il dolore- per dargli l’ultimo saluto. “Non è un addio, ma un arrivederci” recita uno dei due striscioni esposti al balcone della casa al di là della piazza. L’altro è di ringraziamento e affetto: “noi abbiamo la certezza che ci stai guardando e proteggendo dall’alto. Grazie Jacky. Ti vogliamo bene!”.
Nel piazzale è posteggiato il pick-up dell’Aib, a fianco l’ambulanza della Croce Rossa accoglie un poster di fotografe che restituiscono il volto radioso d’un giovane che sorride alla vita. Sono presenze che raccontano come questo diciassettenne studente di giardinaggio prematuramente strappato alla vita, seppur in un’età votata alla spensieratezza, viveva d’altruismo, impegno e partecipazione. Aveva tante famiglie Giacomo Bellora. Quelle famiglie che si stringono forti ai parenti: alla sorellina Camilla, al papà Dario e alla mamma Patrizia. Il suo dolore di madre è opprimente, annichilisce. Don Giorgio Naranza, il parroco che ha battezzato Giacomo, parla per lei. In tanti vorrebbero esprimere un pensiero, una preghiera, esternare i propri sentimenti. Don Giorgio li ringrazia e invita a consegnare i messaggi raccolti, che verranno letti con calma. In un momento così le parole non leniscono il dolore, lo nutrono.
Dentro e fuori la chiesa il silenzio è irreale e anche le lacrime rigano i volti senza fare rumore. Le parole del sacerdote sono quasi sussurrate e ricordano come nella sua breve esistenza Giacomo abbia fatto e dimostrato tanto. La sua è stata un’esistenza semplice e piena. La famiglia, gli affetti, le passioni genuine per la natura e la pesca, che gli sono state fatali nell’incidente nel quale venerdì ha perso la vita precipitando da un sentiero di Scareno. La passione per la recitazione -aveva debuttato solo pochi mesi fa con la compagnia dialettale intrese- e la musica. Giacomo suonava la fisarmonica e mentre il feretro portato a spalla lascia la chiesa tra gli applausi, tre fisarmonicisti l’accompagnano con le ballate popolari, quelle allegre da festa di paese, che solo apparentemente stridono in un giorno così triste, nel quale alla fine lo sguardo non può che puntare lassù, dove i palloncini bianchi rimpiccioliscono sempre più portando in cielo la foto di un ragazzo che non c’è più ma che nessuno, quaggiù, dimenticherà mai.



