VERBANIA – 24.05.2018 – Alcuni episodi sono prescritti,
per altri era già intervenuta una sentenza, e due non sono procedibili per difetto di querela. Nonostante il tempo -la distanza tra i fatti contestati e il processo- abbia ridotto le accuse contro Mauro Gallia, il tribunale l’ha condannato senza fargli sconti. Tre anni e otto mesi è la pena che il giudice Donatella Banci Buonamici ha stabilito per il 54enne ex assicuratore gravellonese finito alla sbarra per truffa aggravata, per aver incassato lauti premi per polizze vita mai sottoscritte ai danni di una decina di persone. Dell’importo iniziale contestato, quasi un milione di euro, la cifra s’è ridotta notevolmente tra quanto riformulato nel capo d’imputazione dal pm Anna Maria Rossi, che ha stralciato le posizioni più “vecchie”; e tra quanto il giudice, riconoscendo le tesi dell’avvocato difensore Antonello Riccio, ha ritenuto non più perseguibile. I due clienti, un anziano macellaio e la figlia, che insieme vantavano il più alto credito (quasi mezzo milione), sono stati esclusi per la regola del ne bis in idem, perché un altro giudice, in un altro processo, aveva già dichiarato il non doversi procedere per avvenuta prescrizione. Prescritti anche alcuni pagamenti di due cognati del macellaio, che comunque si sono visti riconoscere 30.000 euro l’uno e 90.000 euro l’altro di risarcimento. A una coppia di verbanesi titolari di un’attività in proprio è stato accordato un risarcimento complessivo di 42.000 euro. Difficilmente ciascuno di loro vedrà un centesimo perché Gallia non possiede nulla, se non la casa di famiglia a Feriolo di Baveno che, ipotecata, è stata messa in vendita da qualche anno. Ciò non ha impedito ai truffati di costituirsi parte civile con gli avvocati Luca Perna La Torre e Massimo Vairetti. Quest’ultimo ha sottolineato come l’ex assicuratore, carpendo la fiducia di amici e conoscenti, si sia insinuato nelle loro vite “come un parassita, succhiando denaro finché ce n’era per passare oltre”. “Ha dimostrato freddezza e lucidità e nessun sentimento verso le vittime”, ha aggiunto Perna La Torre.
L’accusa ha chiesto il massimo della pena. Il pm Rossi ha reputato grave il comportamento dell’imputato, che s’è negato, che non ha mai risarcito nessuno, che ha solo apparentemente mostrato pentimento. E ha chiesto fosse respinta la tesi della difesa di una ludopatia come necessità di reperire denaro e, quindi, come origine delle truffe, arrivando sino al massimo della pena.
“Gallia è stato preso dal demone del gioco”, ha sostenuto Riccio, rinnovando la richiesta di una perizia psichiatrica che appurasse la capacità di intendere del suo cliente in rapporto alla dipendenza patologica dal gioco. “Ha sempre avuto l’intenzione di restituire i soldi, e finché ha potuto l’ha fatto, prima di piombare nel baratro”. Ribadendo che ha sempre confessato, s’è scusato e ha messo a disposizione l’unico bene come risarcimento, ha chiesto l’esclusione dell’aggravante del rapporto contrattuale, ha chiesto il non doversi procedere per i fatti prescritti o già giudicati e, comunque il minimo della pena.
Il giudice Banci Buonamici s’è espressa per meno dei quattro anni e mezzo e 3.000 euro di multa) chiesti dal pm Rossi, stabilendo una pena finale di tre anni, otto mesi e 1.600 euro di multa, senza benefici di legge. Le motivazioni saranno depositate entro 45 giorni, poi la difesa potrà presentare appello. I tempi della prescrizione incombono anche sugli episodi giudicati oggi e la Corte d’Appello di Torino potrebbe giungere alla dichiarazione di non doversi procedere, che varrebbe come un definitivo colpo di spugna su questa vicenda.


