VERBANIA – 06.05.2018 – Poche idee, e pure confuse.
Tra sanità, autonomia e ambiente, la politica provinciale è in tilt, dispersa nella quasi totale assenza dei partiti, divisa dai localismi e inchiodata all’oggi (o, al massimo, a domani mattina) senza una visione o un progetto futuro.
Che si navighi a vista al motto “ognuno per sé, Dio con tutti” è evidente dalle ultime vicende. Dalla sanità, tema che da 15 anni è al centro di tutto: dibattito politico, battaglie di piazza, campagne elettorali. Anche per i risvolti economico-sociali. In un territorio in prolungata crisi, l’Asl è la prima azienda per numero di dipendenti, fatturato e indotto tra strutture pubbliche (ospedali, direzione generale), parapubbliche (il Coq) e private (Sacra Famiglia, Auxologico, Eremo di Miazzina…). Ogni revisione -con annessi tagli, anche se si chiamano razionalizzazioni- equivale a un impoverimento. Il ragionamento vale in primis per il “Castelli” di Pallanza e il “San Biagio” di Domodossola, destinati a sparire da qui a 3-4 anni. Così ha deciso la Regione con l’ospedale unico provinciale, avallato dalla maggioranza dei sindaci. Quasi tutti, compreso chi nei prossimi mesi, per ragioni elettorali, probabilmente dovrà correggere il tiro. Magari Giandomenico Albertella, che da primo cittadino di Cannobio fu fautore di un solo ospedale a Ornavasso (è tra i 60 che hanno votato sì all’assemblea dei sindaci nel novembre 2015) e della sanità territoriale, ma che apprestandosi a candidarsi a Verbania ha già messo le mani avanti dicendo che l’accordo di programma è scaduto. Non è facile, per chi aspira a Palazzo di Città, battersi per la cancellazione dell’ospedale -peraltro finora la Regione non ha mai detto che cosa intenda farne: senza Verbania sarebbe l’unico capoluogo d’Italia a non averne uno.
Sulla sanità c’è la posizione del sindaco domese di centrodestra Lucio Pizzi - “sì all’ospedale unico, ma a Domodossola”; quella di alcuni sindaci di analogo colore della media Ossola - “sì all’ospedale unico, ma a Piedimulera”, e perfino quella (Giuseppe Monti di Premosello, da poco salito sul Carroccio) – “sì all’ospedale unico a Ornavasso”. Ma anche quella della Lega Nord, che a Domo è in maggioranza e che esprime anche il sindaco di Piedimulera, ma pure quello di Omegna, il cui Consiglio venerdì sera all’unanimità ha detto sì all’ospedale unico di Ornavasso nonostante Paolo Marchioni quindici anni detenesse, con il senatore Enrico Montani, il copyright dello slogan “difendi i tuoi ospedali”. Intanto Forza Italia, che giovedì ha radunato i suoi sindaci a Stresa per discuterne con il candidato in pectore in Regione Alberto Cirio, sta alla finestra.
Se sulla sanità ci sarà tempo e modo di discuterne nella campagna elettorale delle Regionali 2019, scalda i motori anche il dibattito sull’autonomia e sul passaggio alla Lombardia. Il quesito referendario è stato approvato all’unanimità dal Consiglio provinciale, anche dagli esponenti Pd, partito al governo piemontese dal 2014. Si dirà che l’atto era dovuto in rispetto alla burocrazia, alla democrazia e agli oltre 5.000 cittadini che hanno firmato, ma restano due fatti: 1) anziché un dipendente (per questioni burocratiche), i delegati a presentarlo in Cassazione sono stati scelti in Valter Zanetta (ormai nella Lega) e Luigi Spadone, cioè i proponenti, il che ha dato alla partita una valenza politica; 2) dopo anni di appiattimento sulle posizioni “negazioniste” dell’autonomia o di una minima sussidiarietà al Vco montano sostenute dalla giunta Chiamparino a guida Pd, la maggioranza provinciale ha timidamente alzato la testa reclamando i canoni idrici. Una lotta che giunge solo a fine legislatura e che non pare estranea al braccio di ferro tra le correnti interne e contrapposte facenti capo ad Aldo Reschigna ed Enrico Borghi.
Ultimo indizio di una certa, bipartisan, confusione politica, è il futuro della gestione dei rifiuti e di ConSerVco. Prima i sindaci avevano deciso di cedere a un socio privato il 40% delle quote, poi sono passati al 60% e hanno aperto una gara pubblica, per poi ancora rinculare al di sotto della quota percentuale al fine di mantenere il controllo pubblico. In questa retromarcia decisiva è stata la posizione di Albertella, che ha rivisto gli accordi presi con la verbanese Silvia Marchionini, forse anche per le ragioni di cui sopra.
Da qui al 2019 le varie posizioni dovranno per forza essere modellate in modo che alle elezioni comunali e regionali ci sia un accordo programmatico di coalizione. Che, in fin dei conti, sarebbe il fine primo (e ultimo) della politica.


