
VERBANIA – 20.04.2018 – Anche i proprietari delle barche
affondate sono corresponsabili. La terza sezione civile della Corte d’Appello di Torino ha pubblicato oggi la sentenza di secondo grado delle cause di risarcimento avanzate da 11 proprietari di barche ancorate al porto Palatucci di Pallanza e affondate nella notte tra il 10 e l’11 ottobre 2013. Una sentenza che riforma le decisioni cui era giunto il tribunale di Verbania nell’ottobre 2016. La colpa non è più, in solido, dell’European Nautic Service (concessionario della struttura) e del Comune di Verbania (gestore per conto della Regione e soggetto che doveva vigilare). I gradi di responsabilità si dividono rispettivamente al 40 e al 20%, con l’altro 20% addebitato ai diportisti. E nulla è stato detto sull’intervento delle compagnie assicurative: quella del Comune, che in primo grado era stata chiamata a risarcire; e quella di Ens, esclusa a Verbania da ogni addebito.
La sentenza, in realtà, non è definitiva perché, accertate le colpe, i giudici d’Appello non hanno ritenuto sufficienti le quantificazioni del danno -in primo grado 244.000 euro- e, quindi, hanno incaricato lo stesso perito (l’ingegnere torinese Federico Colacino) che aveva analizzato gli eventi che portarono all’inabissamento, di eseguire una nuova perizia in cui dovrà appurare, caso per caso e barca per barca, qual era il loro stato prima dell’incidente, quale il valore, se le riparazioni effettuate furono antieconomiche, se i natanti furono solo riparati o migliorati.
Al centro delle decisioni, incontestato che il porto affondò per un mix di difetti progettuali, mancata manutenzione e mancati controlli (l’evento atmosferico non fu eccezionale)
Che ci potesse essere una responsabilità varabile i giudici l’avevano lasciato intendere quando tentarono una conciliazione, proponendo una ripartizione 40-40-20, riconoscendo cioè pari responsabilità a Comune ed Ens, ma addebitando qualcosa anche ai proprietari delle imbarcazioni.
La sentenza di secondo grado punta tutto sull’ordinanza, un avviso ai naviganti, emesso dal dirigente comunale del Patrimonio l’8 marzo 2013. In quel documento, notificato a Ens e affisso in bacheca, si diceva che la struttura era a rischio -non inagibile- e si imponeva il divieto all’ormeggio. Nessuno la rispettò (al molo c’erano addirittura imbarcazioni delle forze dell’ordine). E qui stanno le colpe dell’ente pubblico, che non ha controllato, e dei proprietari che l’hanno ignorata. Quelle del gestore, in più, si riconducono alle mancate manutenzioni. Ai diportisti si imputa anche una certa responsabilità nel non avere ben assicurato gli scafi, dedotta dal fatto che alcuni -si presume quelli meglio ormeggiati- erano integri o, comunque, meno danneggiati di altri.


