TORINO – 22.03.2018 – Vco senza eletti in Consiglio regionale?
Non è ancora esaurita l’onda (in questo caso verrebbe da dire d’urto) delle elezioni politiche che già, in Piemonte, si inizia a discutere della contesa che, tra un anno, porterà alla scelta del futuro governatore e del Consiglio regionale.
Gli esiti usciti dalle urne il 4 marzo hanno stravolto lo scenario politico, dando speranze a chi nell’ultimo lustro ha rincorso e togliendone a chi ha governato e tutt’ora governa. La debacle del Pd di Matteo Renzi al parlamento ha agitato i sonni dei democratici subalpini. Il segretario regionale Davide Gariglio s’è dimesso e c’è gran fermento, sia sul suo successore, sia sul futuro candidato (di nuovo Chiamparino o qualcun altro?), sia sulla pattuglia degli eletti. In questo senso c’è il fondato rischio che le province più piccole (Vco, Biella, Vercelli e Asti su tutte) restino a bocca asciutta. Il motivo sta nella legge elettorale regionale, mai modificata dopo che, nell’era del governo Monti e della spending review, l’assemblea di Palazzo Lascaris era stata messa a dieta, scendendo da 60 a 50 consiglieri. Al taglio delle poltrone sarebbe dovuto seguire un adeguamento della legge elettorale che prevedeva (e prevede tuttora) l’assegnazione di quattro quinti dei seggi su base proporzionale e di un quinto come premio di maggioranza nel cosiddetto “listino bloccato”, con nomi pre-indicati. Prima del taglio il rapporto era 48-12, dopo è diventato 40-10. A farne le spese sono state le province meno popolose, che hanno visto salire la quota percentuale necessaria per l’elezione diretta senza il ricalcolo dei resti. Basti pensare che il Vco, per eleggere un consigliere "pieno", deve raggiungere il 50% delle preferenze. Nel 2014 la nettissima affermazione del centrosinistra non fece pesare eccessivamente la territorialità nella redistribuzione dei resti (entrò Aldo Reschigna) ma, alla luce del tripolarismo attuale (centrodestra, M5S, centrosinistra) c’è chi si esercita in calcoli e simulazioni e si preoccupa. E se prima la proposta di revisione della legge elettorale, in gestazione da parecchio tempo, non era un’urgenza, dal day after del 5 marzo è diventata per alcuni (i penalizzati) una priorità.
In concreto il Vco corre il rischio di non mandare nessun suo rappresentante l’anno prossimo a Torino, se non coloro che eventualmente entreranno nel listino blindato del governatore. Listino al quale, soprattutto nei due schieramenti di centrodestra e centrosinistra, l’elenco degli aspiranti a più di dodici mesi dal voto è lungo, molto lungo. Forse troppo lungo.


