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VERBANIA – 17.02.2018 – Aveva trovato l’auto rigata,

ha bluffato per smascherare il vandalo, s’è fatto pagare il danno ma poi è stato denunciato ed è finito a processo. S’è sgonfiato in aula, chiudendosi con un’assoluzione perché il fatto non sussiste, il “caso” del carabiniere Emilio Zuanig, processato per truffa aggravata. Militare in servizio alla stazione di Cannobio, nel 2015 frequentava una donna di Stresa, nel cui condominio erano stati segnalati – e da tempo – numerosi atti vandalici alle auto in sosta. Decine le denunce sporte, nessun risultato ottenuto, ma qualche sospetto riferito a mezza voce. Nel mese di novembre Zuanig, che era fuori servizio, uscendo dal condominio, scoprì che la sua Audi era rigata. Sulla portiera anteriore destra c’erano profondi graffi paralleli e ravvicinati, lasciati verticalmente come se qualcuno, anziché rigare passando, si fosse impegnato con un gesto volontario dall’alto al basso. Deciso a vederci chiaro e sapendo che il sospettato era Renzo Minzoni, condomine del palazzo, salì suonandogli al campanello. Senza accusarlo direttamente, spiegò a lui e alla moglie che sapeva ciò che l’uomo aveva fatto e, con un bluff per vedere quale reazione avrebbe avuto, affermò di averne le prove perché aveva installato una telecamera sull’auto. Detto ciò se ne andò. Fu Minzoni a seguirlo, raggiungendolo e, in cortile, a confessare che, sì, aveva rigato l’auto, ma era stato un incidente e, dovuto al ciondolo del guinzaglio, che inavvertitamente aveva sfregato contro la portiera dopo che il cane s’era intrufolato sotto il veicolo. Il carabiniere, che vide confermati i suoi sospetti, non chiese nulla se non il risarcimento del danno, per il quale successivamente portò all’uomo il preventivo della riparazione del carrozziere, concordando di trovarsi qualche giorno dopo in un bar per ritirare l’assegno. Fu al bar che l’uomo – così ha testimoniato Zuanig – gli confessò di aver compiuto quello e numerosi atti vandalici perché, talvolta, veniva preso da attimi di vuoto, come raptus. Nel ritirare l’assegno, il carabiniere chiese un altro risarcimento perché nel frattempo aveva trovato che anche l’altra auto di sua proprietà aveva gli stessi identici segni.

Ritenendo che quella confessione fosse significativa per i colleghi di Stresa, andò a parlare con l’allora comandante della stazione, cui raccontò l’accaduto per eventualmente essere d’aiuto nelle indagini che avessero svolto. Il comandante prese nota del fatto ma poi non fece nulla, né il militare sporse denuncia. Qualche giorno dopo Zuanig fu raggiunto dalla telefonata di un collega di Stresa che gli chiedeva dell’episodio e al quale disse che non aveva alcuna telecamera e che quello era stato uno stratagemma per smascherare il vandalo che, in caso fosse stato colpevole, avrebbe confessato. Pochi giorni dopo i contatti con Minzoni per il secondo risarcimento cessarono e, anzi, questi si rivolse a un legale denunciandolo.

La Procura ha giudicato quei comportamenti come una truffa aggravata e l’ha rinviato a giudizio. Difeso dagli avvocati Marisa Zariani e Marco Ferrero, ha confermato di aver agito in buona fede, anche per debellare un problema – quello degli atti vandalici – che a Stresa era molto sentito e che in città si diceva i colleghi non affrontassero con decisione. A supporto di questa tesi hanno testimoniato alcuni condomini e altri stresiani che hanno raccontato di decine di casi simili. Il giudice Rosa Maria Fornelli ha accolto la tesi e, respingendo la richiesta dell’accusa – il pm Maria Portalupi aveva chiesto 8 mesi e 150 euro di multa – l’ha scagionato e assolto.

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