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VERBANIA – 30.01.2018 – Benvenuti al gran bazar delle elezioni.

Mai come quest’anno, nel clima di incertezza politica (e non) generale, con tre poli (centrodestra, centrosinistra e M5S) che si contendono la vittoria – magari solo parziale – e con una legge elettorale per certi versi “bizzarra”, c’era stata una simile bagarre per le candidature. Da destra e sinistra, passando per i pentastellati e senza dimenticare i cosiddetti cespugli della mini-percentuale, è stata una lotta serratissima, per qualcuno finita male e tra le proteste.

In casa Pd s’è affermata la linea di Matteo Renzi e dei suoi fedelissimi. La mal parata che sembrano apparecchiare i sondaggi (ma manca più di un mese al voto ed è opportuno andare cauti) ha visto il segretario monopolizzare i seggi sicuri o, quantomeno, quelli più favorevoli, ai danni delle varie correnti del partito. È arrivato il paracadute per gli alleati dei cespugli oggi al governo e le truppe romane sono state sfrondate pesantemente. Il dato, nel Vco, è che oggi Enrico Borghi è un renziano doc, molto vicino all’ex premier e a Maria Elena Boschi, tanto da essere premiato anche a spese di personaggi di peso come i sottosegretari Franca Biondelli (di Borgomanero) e Luigi Bobba (di Vercelli). Era primo nel listino, poi scavalcato da Lucia Annibali, icona delle battaglie delle donne comunque pluricandidata. Ha grandi chance di essere eletto ma gli servirà il traino di chi invece sta all’uninominale. A partire da Vittoria Albertini, nata con Antonio Di Pietro, cresciuta con Mario Monti e finita tra i democratici con una candidatura – pare – avallata dalla segreteria provinciale dem a giochi fatti. Il tutto con una certa soddisfazione di Diego Brignoli, verbanese d’estrazione Ds che ha creduto nel progetto di Pierluigi Bersani e Massimo D’Alema e che sotto le insegne di Liberi e Uguali di Pietro Grasso cerca d’accattivarsi quelle simpatie di sinistra che il democristiano Borghi e l’ex montiana Albertini non incarnano propriamente. Sa di non avere chance per la vittoria, ma porta una bandiera e un modo di pensare la politica con cui promette di dare battaglia.

Chi sorride, e ne ha ben donde, è Mirella Cristina. Nel 2014 fu gettata nella mischia come candidato del centrodestra diviso alle Comunali di Verbania. Uscì dal ballottaggio con le ossa rotte, declinò l’invito (un mezzo impegno) a entrare nella Lega Nord prospettato in campagna elettorale e si prese Forza Italia. Nel partito di Silvio Berlusconi, ridimensionato come non mai e privo di amministratori e ras locali, ha tenuto duro alle Comunali di Domodossola e Omegna (con percentuali sempre a decrescere) per trovarsi però in mano – grazie al mutato vento politico nazionale e a una legge elettorale favorevole – una candidatura d’oro contro tutto e contro tutti.

Meglio di lei ha ottenuto solo Enrico Montani, risorto come la fenice dalle sue ceneri. Appiedato dal parlamento, colpito dalle debacle sportivo-economiche del suo Verbania calcio (con debiti annessi come raccontarono anche “Le Iene” in tv), è stato piazzato da Matteo Salvini in un posto pressoché blindato al Senato. La sua è stata una marcia a tappe forzate molto determinata. Decisivo nell’elezione di Riccardo Molinari come segretario piemontese, s’è ritagliato nuovi spazi nel partito e s’è fatto largo sgomitando. Non è un caso che, dopo essere stata commissariata nella segreteria provinciale, Marcella Severino è stata tagliata fuori da ogni candidatura, anche in quelle dove essere di sesso femminile contava per la norma delle quote rosa.

Resta tutto da scoprire il Movimento 5 stelle, che non ha pescato candidati locali e che, anzi, ha visto qualche mugugno anche nel Vco per le parlamentarie interne, dalle quali qualcuno è stato escluso, ma senza polemica pubblica per non danneggiare i pentastellati, che puntano molto sulla delusione e sulla voglia di cambiamento degli elettori.

Il resto sono formazioni minori, con candidature di bandiera che hanno poche possibilità di guadagnarsi un posto al sole. Tutti, comunque, lottano contro quello che potrebbe essere di gran lunga il primo partito in assoluto, quello dell’astensionismo.

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