1

timbro regione s remigio

VERBANIA – 01.12.2017 – Videoripresi con la telecamera nascosta

sopra la timbratrice, seguiti con il gps nascosto nell’auto e pedinati. Così, nell’estate del 2013, la Guardia di finanza cercava di stanare i “furbetti del cartellino”, alcuni dipendenti della Regione assegnati alla sede distaccata di Villa San Remigio che, secondo le segnalazioni giunte ai militari, risultavano al lavoro ma in realtà erano fuori affaccendati in questioni personali. A denunciarli era stata una collega che aveva indicato i nomi di tre persone: Dino Caretti, Maria Grazia Bacchetta e Delia Gagliardi, che hanno definito la propria posizione in udienza preliminare patteggiando il primo e la terza (rispettivamente dieci mesi e un anno e quattro mesi) e ottenendo la messa alla prova la seconda. Questi furono messi sotto la lente di ingrandimento. Ma nella “rete dei controlli” finirono anche altri due dipendenti, l’autista Claudio Suman e l’impiegata dell’Urbanistica Daniela Sana, che oggi sono a processo a Verbania per truffa aggravata ai danni della Regione. La Procura contesta loro alcune assenze specifiche e documentate tra il 4 e il 28 giugno – il periodo in cui è stata collocata la telecamera in villa – e altre desunte a inizio dello stesso anno “in via prudenziale – ha testimoniato il maresciallo capo della Finanza che seguì l’indagine – sulla base delle abitudini e delle testimonianze raccolte da altri dipendenti”.

Ma è in corso anche un’altra indagine, perché nel 2016 – su denuncia di Caretti e dopo aver consultato gli atti del fascicolo – sono stati segnalati alla magistratura i comportamenti sospetti di altri colleghi, tra cui un’impiegata del settore Forestazione, ripresa a timbrare quando non avrebbe dovuto non essendo lei tenuta a farlo.

Proprio le immagini della telecamera nascosta hanno impegnato quasi tutta l’udienza di ieri. Proiettate e illustrate dal maresciallo capo della Finanza che seguì le indagini coordinate dall’allora sostituto procuratore Bianca Maria Baj Macario, mostrano le entrate e le uscite accompagnate spesso da pedinamenti. Suman, che in un’occasione si vede giungere alla timbratrice con il casco in testa – era venuto al lavoro in scooter –, far passare il badge e andarsene sempre indossando il casco, fu seguito all’Esselunga, dove bevve il caffè con una conoscente, prima di allontanarsi in auto (sempre pedinato) dal supermercato diretto a Zoverallo.

Sana fu immortalata mentre, in un paio di circostanze, timbrava dopo la pausa pranzo come se stesse rientrando ma s’assentava. Le immagini delle telecamere, che la difesa di quest’ultima ha già chiesto siano escluse ma che il giudice Raffaella Zapatini ha ammesso, non sono del tutto esaustive su quanto avveniva nella villa (che ha anche un ampio parco e altre possibili entrate o uscite), come ha ammesso lo stesso finanziere, cui l’avvocato Marco Ferrero ha chiesto il motivo per cui non ne fosse stata installata una all’esterno: per scelta della Procura. E sempre per scelta sono stati individuati coloro da mandare a giudizio perché – un fatto emerso chiaramente – gli orari di molti altri dipendenti non coincidevano perfettamente. Chi è stato denunciato sono stati coloro che, nella valutazione degli inquirenti, eccedevano più degli altri nel presunto assenteismo, cioè Suman e Sana, cui vengono contestate rispettivamente circa 64 ore per 700 euro e 143 per 1.576 euro. La difesa Suman punta molto sul ruolo dell’imputato, che era autista impiegato in maniera stabile una settimana sì e una no a Torino e, nella settimana libera, assegnato a Villa San Remigio senza postazione o incombenze specifiche. 

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicità in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Se prosegui nella navigazione di questo sito acconsenti l'utilizzo dei cookie.