VERBANIA - 30-05-2025 -- Ci vorrà un nuovo processo d’appello per definire le responsabilità penali del blitz che, nel gennaio del 2021, vide i carabinieri di Verbania arrestare cinque persone nei boschi circostanti Cossogno con l’accusa di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Era da tempo che i militari tenevano monitorata una zona boscosa non distante dalla centrale idroelettrica del Ramolino, ritenuta il luogo in cui alcuni pusher locali nascondevano cocaina e altre droghe. L’appostamento fu fruttuoso e, sotto gli occhi degli inquirenti, videro quelle persone dissotterrare un involucro di plastica. Scattarono gli arresti e furono sequestrati 75 grammi di cocaina di elevata purezza, stimata in 454 dosi droganti. Nei successivi interrogatori emersero come responsabili due giovani del Verbano, che fecero il nome di una terza persona con cui erano in affari. Anche quest’ultimo, con la compagna, fu arrestato e trovato in possesso di poco meno di 200 grammi di cocaina (1.198 dosi), che ammise di aver acquistato a Legnano da uno spacciatore di origine albanese. Quest’ultimo filone, sul piano giudiziario, è stato risolto al Tribunale di Busto Arsizio (luogo dell’acquisto dello stupefacente) con un patteggiamento in continuazione.

I due verbanesi, oggi di 26 e 25 anni, sono stati assolti in primo grado perché il gup ha ritenuto che il pusher originale fosse l’altro soggetto. La Corte d’Appello ha, tuttavia, ribaltato il verdetto condannandoli ciascuno a tre anni, otto mesi e 17.000 euro di multa, con cinque anni di interdizione dai pubblici uffici.

Entrambi gli imputati hanno ricorso in Cassazione. La Suprema corte ha accolto il ricorso e, cassando la sentenza di Torino, ha rimandato gli atti ai magistrati subalpini affinché, in un processo d’appello bis, rivedano le pene. Gli Ermellini hanno infatti ritenuto che le contestazioni siano corrette solo per la cocaina trovata in loro possesso, e non per quella dell’altro pusher.