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VERBANIA - 26-01-2023 -- Ti ammazzo, ti mando sulla sedie a rotelle, ti rovino… Ripetuti, minatori e pesanti, dapprima direttamente e poi per interposta persona, sono andati avanti a lungo i messaggi che un quarantenne ossolano ha fatto recapitare all’avvocato dell’ex moglie che, non vedendo mai una fine a questa persecuzione, dopo due anni s’è deciso a denunciarlo. Stalking è l’accusa per la quale l’uomo è a giudizio al Tribunale di Verbania.

L’antefatto risale al 2017, anno in cui la moglie decide di dividersi dal marito. Si rivolge al suo avvocato, che fissa un incontro coi coniugi pensando di arrivare a una separazione consensuale. Non è così perché la coppia -senza figli- non trova un accordo. Anzi. Inizia un lungo percorso giudiziario. Dopo la sentenza di separazione che addebita a lui, operaio edile, un assegno di mantenimento di 200 euro al mese a lei, titolare di un bar poi chiuso per difficoltà economiche, i pagamenti non arrivano. Partono ingiunzioni e pignoramenti, in corrispondenza dei quali, già nel 2018, l’avvocato inizia a ricevere i primi messaggi minatori. “Mi chiamava sul cellulare, mi mandava messaggi, telefonava in studio dove rispondeva la segretaria” - ha raccontato al giudice Marianna Panattoni, spiegando di averlo bloccato nella speranza che smettesse.

L’astio nei confronti del legale, che l’uomo identificava come uno dei responsabili dei suoi problemi, gli arriva tramite la moglie, contro la quale aveva nel frattempo iniziato un braccio di ferro, rifiutando per esempio le offerte per vendere la casa -finita poi all’asta- e chiudere il mutuo.

Gli insulti e le minacce di morte vengono girati dall’ex moglie all’avvocato, che inizialmente chiede di non riceverli più ma che, successivamente, si convince a sporgere denuncia. “È successo quando nella sua casa è scoppiato, si vociferava forse provocato da lui, un incendio nel quale è rimasto ferito; e quando ha lasciato un biglietto annunciando di volerla fare finita – ha raccontato il professionista –. Mi sono spaventato, ho pensato che fosse fuori controllo e potesse fare del male a me o alla mia famiglia oche io, trovandomelo di fronte, potessi aggredirlo finendo nei guai. Avevo già preso precauzioni: chiudendo sempre l’ufficio, evitando un ristorante che sapevo frequentasse, non parcheggiando l’auto davanti all’ufficio perché poteva aspettarmi”.

 


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