VERBANIA - 07-10-2022 -- Dimissionato. È finita con la resa, maturata dopo l’attacco frontale dei soci e quando, in una sala appartata, ha preso atto della sfiducia e del fatto che chi l’ha scelto non l’avrebbe difeso, l’assemblea dei soci del Museo del Paesaggio che venerdì ha contestato il presidente Alberto Garlandini.
Museologo milanese originario di Caprezzo con un ricco curriculum, era stato scelto un anno fa per guidare il centenario ente culturale, forte di titoli ed esperienze rilevanti. In pochi mesi s’è trovato contro, per motivi mai del tutto chiariti, i due terzi del cda e la gran parte dei soci dell’ente.
La rottura è maturata a giugno, dopo le dimissioni del vicepresidente Gianni Tacchini, e dei consiglieri Carlo Ghisolfi e Paola Scapparone, tutti espressione dei soci. Con una e-mail simultanea che non fornisce spiegazioni, se ne sono andati lasciando a Garlandini e all’altro consigliere espresso dal Comune, Clarissa Tacchini, il compito della gestione ordinaria. È allora che è iniziato il pressing sul professionista milanese, anche sollecitando il sindaco Silvia Marchionini, affinché lasciasse. Garlandini ha resistito fino a venerdì,quando s’è trovato un clima ostile e la mozione di sfiducia, anche se non inserita all’ordine del giorno, pronta per essere votata. È stato a quel punto che, sospesa l’assemblea e rimasto un gruppo ristretto di persone, di fronte alla minaccia d’essere cacciato e preso atto che il primo cittadino non l’avrebbe difeso, ha scelto di andarsene a sua volta.
Nella mozione si contesta al presidente di aver preso decisioni unilaterali senza consultare la parte di cda indicata dai soci, di non aver condiviso le informazioni e di non aver valorizzato le collaborazioni. Accuse che il diretto interessato respinge, sottolineando che tutte le decisioni prese dal cda nelle quattro riunioni tenute sono state condivise.
In precedenza lo stesso aveva letto una relazione sull’attività che, oltre a evidenziare i risultati della sua gestione “nei primi 8 mesi del 2022 abbiamo avuto un aumento dei visitatori del 25%, cioè un quarto di visitatori in più rispetto al 2019, l’ultimo anno di normalità dopo il riallestimento del museo”, e il programma impostato, ha criticato la proposta di revisione dello Statuto sottopostagli dalla consulente scelta dal precedente Cda che prevede la possibilità di vendere opere e collezioni. “È inaccettabile: il concetto di inalienabilità del
patrimonio storico ed artistico è strategico non solo per me, ma per tutta la
comunità museale internazionale e deve per me assolutamente rimanere nello
Statuto del Museo del Paesaggio”. Altra modifica giudicata negativa è l’ulteriore ridimensionamento del ruolo della città di Verbania.
Le dimissioni imposte a Garlandini sono, infatti, una sconfitta anche per il sindaco di Verbania e per il Comune, munifico sostenitore dell’ente che, come storica e più importante realtà culturale della città, ha un ruolo primario nelle politiche culturali della città, ma della quale non ha alcun controllo.
Da sempre il Museo del Paesaggio è stato sotto l’ombrello del Comune, che sino a poco tempo fa nominava tutti i consiglieri e che aveva, sino ai primi anni Duemila, nel sindaco il suo presidente. L’ultimo fu Aldo Reschigna, che dovette rinunciare per le prime norme approvate sulle incompatibilità. Da lì s’è arrivati al paradossale ribaltamento dei ruoli, con 3 consiglieri su 5 indicati dall’assemblea dei soci (che ha il diritto di revocarli tutti), poco più di un centinaio, che contribuiscono con qualche migliaio di euro a fronte del grande sforzo finanziario del Comune, che mette a disposizione gratuitamente le due sedi, pagando anche le utenze, e interviene con contributi economici ordinari e straordinari che s’avvicinano ai 100.000 euro l’anno.
La “ribellione” dei soci ha, di fatto, sfiduciato l’esperto scelto da Marchionini. Un esperto il cui curriculum non è paragonabile con quello dei tre designati dall’assemblea tra i quali oggi -senza attendere che il primo cittadino completi le sue nomine- verrà scelto il nuovo presidente.


