VERBANIA - 25-09-2022 -- All’agente della penitenziaria di servizio si presentò tenendosi il volto e denunciando d’aver subito un pestaggio. Sono stati in tre – disse –, indicando alcuni giovani con i quali lui, 55enne ossolano, condivideva da qualche tempo la cella della casa circondariale di Verbania. Una convivenza difficile (tanto che attualmente è stato trasferito a Biella), fattasi ancor più complicata perché il 55enne aveva segnalato al direttore che in quel braccio circolavano stupefacenti e che i “colleghi” ne facevano uso. Il comandante aveva subito disposto la perquisizione dei locali e sottoposto gli accusati al test antidroga, che aveva successivamente dato esito negativo. Per tutta risposta, gli altri detenuti avevano firmato una petizione contro il delatore, chiedendone il trasferimento.
È in questo contesto che è maturato il pestaggio in cella, per il quale la Procura di Verbania ha mandato a giudizio uno solo dei tre detenuti, accusato di lesioni e di minaccia aggravata per le frasi che gli sarebbero state rivolte quel giorno. Frasi che l’agente che si trovava a quel piano ha testimoniato di non aver sentito, al pari dell’aggressione. Era in un altro locale, distante pochi metri – ha detto al giudice – ma non ha avvertito alcun trambusto e, quando gli è stato chiesto di controllare, ha verificato che due dei tre accusati erano in cella a giocare a carte.
Per il pm Anna Maria Rossi, che ha chiesto l’assoluzione dell’imputato, questa circostanza ha smentito la tesi del pestaggio, il cui racconto reso dal delatore, costituitosi parte civile con l’avvocato Bruno Stefanetti, è stato confuso e non credibile. Di stesso tenore la difesa dell’avvocato Livio Nicotera, controbattuta dal collega Stefanetti che, confortato dal referto medico, ha insistito per condanna e risarcimento. “Il mio assistito è stato portato subito al Dea e aveva lesioni con prognosi di dieci giorni - ha spiegato, sottolineando anche il movente dell’aggressione -: anche se avevano ragione di lamentarsi, non c’è giustificazione alle botte”.
Il giudice ha creduto alla tesi del delatore e, assolvendo l’imputato dalle minacce, l’ha condannato per le lesioni a 6 mesi e a 4.500 euro di risarcimento.


