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VERBANIA - 06-07-2022 -- C’era qualcun altro dietro le frodi seriali on-line, di cui gli imputati erano inconsapevoli. Potrebbe essere questo -ma lo si saprà solo col deposito delle motivazioni- il ragionamento che ha portato il Tribunale di Verbania ad assolvere dall’accusa di truffa aggravata in concorso i tre uomini che la sezione di pg dei carabinieri aveva individuato come autori di 20 frodi telematiche commesse tra l’ottobre del 2018 e l’aprile del 2019 tramite falsi annunci immobiliari su internet che hanno fruttato 7.230 euro.

Il meccanismo era rodato. Sul portale subito.it comparivano annunci di affitti-vacanze per località di mare e di montagna: Tarvisio, Andalo, Madonna di Campiglio, Moena, Courmeyeur, Sestriere, Cortina d’Ampezzo, Ponte di Legno, Alassio, Andora, Spotorno, Pietra Ligure, Alassio… Il cliente prendeva contatti e versava con bonifico una caparra compresa tra i 200 e i 1.000 euro. Quando giungeva il momento della vacanza, però, veniva a galla la verità: l’annuncio era fittizio e non c’era alcun appartamento in affitto.

In tanti ci sono cascati, a tutte le latitudini, dalla Campania al Friuli, dalla Lombardia al Veneto.

Raccolte le varie denunce, l’attività investigativa s’è concentrata sugli iban presso i quali venivano accreditate le somme. Tre, in particolare, i conti correnti aperti nel Vco tramite Biver Banca, Intesa e Ing, facenti capo a soggetti locali conosciuti perché assuntori di stupefacenti gravati da precedenti di polizia. Uno di loro, giudicato separatamente, è stato condannato la scorsa settimana per truffa.

Tre, di 42, 57 e 65 anni, sono stati giudicati oggi dal Tribunale di Verbania. Per loro il pm Anna Maria Rossi, che ha sottolineato come le prove fossero evidenti, compresa l’ammissione di aver fornito a un soggetto terzo i documenti per l’inserimento degli annunci, aveva chiesto un anno e 500 euro ciascuno. La truffa c’è stata – hanno evidenziato le difese – ma gli imputati non ne hanno preso parte: hanno fornito i loro documenti in cambio di stupefacenti, senza partecipare alla frode non avendo nemmeno conoscenze informatiche.

Una tesi, questa, evidentemente accolta dal giudice Donatella Banci Buonamici, che li ha mandati assolti per non aver commesso il fatto. Le truffe ci furono, ma il responsabile va cercato altrove, probabilmente in colui la cui identità non è emersa nelle indagini.

 


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