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VERBANIA - 05-07-2022 -- Aveva allacciato una relazione sentimentale on-line su Instagram, accettando nel 2019 l’amicizia di un tal Lucas e iniziando a chattare con lui. Questo rapporto telematico per lei, cinquantasettenne della provincia di Lecco, sola e con un fratello disabile, era diventata una sicurezza della propria vita al punto che quando erano giunte le richieste di aiuto economico, non s’era tirata indietro. Prima aveva versato qualche centinaio di euro perché lui, all’estero, le aveva detto che non aveva accesso alla carta di credito e non poteva comprare un dispositivo elettronico, poi la richiesta s’era fatta più particolare. Un sedicente avvocato statunitense le aveva scritto dicendole che Lucas era stato arrestato per droga in Arabia Saudita e che gli servivano con urgenza 1.200 euro per poter organizzare l’evasione, indispensabile perché per reati simili in quel paese si rischiava la pena di morte.

Incerta di essere stata raggirata, la signora aspettò qualche tempo prima di rivolgersi alle forze dell’ordine. I primi dubbi le vennero nel febbraio del 2020 quando, raccontando a un’amica di questa relazione virtuale tenuta fino a quel momento nascosta a tutti, questa le aprì gli occhi dicendole che era tutto finto. Se ne convinse solo nel mese di luglio, quando si recò in polizia dando il via alle indagini. Ricostruendo i tre bonifici effettuati, sono scaturiti altrettanti procedimenti penali, uno dei quali è stato incardinato a Verbania, tribunale di competenza perché nel circondario risiede il maghrebino che ha incassato parte di quelle somme. “Mi vergognavo a dirlo – ha spiegato al giudice, imbarazzata, la 57enne –. Ma poi ho deciso di agire perché altre persone non subissero lo stesso. Sono stata stupida e solo dopo mi sono resa conto che tutto era perfetto”.

Il suo slancio altruistico e il suo encomiabile desiderio di giustizia, che l’hanno portata a sobbarcarsi il viaggio per venire a testimoniare sul Lago Maggiore, sono però andati delusi. Trattandosi di truffa semplice, senza alcuna aggravante, il reato è procedibile solo su querela e la denuncia, la vittima, l’ha presentata ben oltre i tre mesi entro i quali la legge fissa il termine massimo per la querela. Al giudice non è quindi rimasto altro da fare che accogliere l’eccezione del difensore e dichiarare il non doversi procedere per difetto di querela.

 


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