VERBANIA - 13-06-2022 -- La ricostruzione del vecchio ponte sul San Giovanni, quello crollato 30 anni fa in una notte di maltempo, non s'ha da fare: rappresenterebbe un falso storico, contrario alla filosofia attuale del costruire, che chiede di datare alla contemporaneità tutto ciò che nella contemporaneità si realizza. E' il parere espresso dall'architetto Mauro Bissantini nel suo intervento, sabato sera, alla Soms di Intra; invitato a discutere sul futuro urbanistico della città proprio da quel comitato che il ponte sul San Giovanni, invece, vorrebbe ricostruire. A dar voce al comitato uno dei promotori della raccolta firme per la ricostruzione del ponte, Corrado Rainone: "Non importa quanto tempo occorrerà, fossero anche 40 anni - ha detto -. Non promuoviamo la ricostruzione per dare l'assalto ai fondi del Pnrr, ma per restituire un bene alla città. Il ponte crollò già nel '500 e fu ricostruito dopo due secoli, anche il ponte di Mostar, durante la guerra in Jugoslavia crollò, e la sua ricostruzione rappresentò un atto simbolico importante. Non dimentichiamo che quella passerella, che è lì da circa 30 anni, doveva essere provvisoria".
A proposito di simboli, se è palese che il ponte significhi unione, incontro, ricongiungimento, il suo crollo più prosaicamente evoca "che in Italia, da molto tempo c'è qualcosa da rivedere. Perchè se allora ci fosse stata una manutenzione costante, il ponte non sarebbe venuto giù. E quanto è accaduto a Genova tre anni fa col crollo del ponte Morandi ne è la riprova, così come è sconfortante che la galleria di Omegna sia chiusa da cinque anni a causa di mancate manutenzioni", ha chiosato Bissantini, ricordando che quando cadde il vecchio ponte, si aprì in città un dibattito culturale che coinvolse anche la soprintendenza. Poi emerse il bisogno di un'opera da realizzare in tempi brevi e a costi limitati, da qui la realizzazione della passerella.
Moderata dal giornalista Mauro Rampinini, la serata è stata occasione per approfondire quel piano urbanistico per Intra che l'architetto ha realizzato coordinando un team di dieci giovani professionisti, neolaureati richiamati anche dall'estero, ciascuno con una propria specializzazione nell'ambito dell'architettura.
Bissantini è artefice di numerose realizzazioni sul lago, tra le quali spicca, per affinità al progetto di Intra, il lungo processo di rinascita del lungolago di Cannobio. La geografia di una città posta tra due fiumi, la vocazione industriale finita, la sua trasformazione turistica, la sua bellezza, la restituzione del lago ai cittadini, l'ecologia e i problemi legati alla mobilità, il rimedio (per quanto possibile) ai torti che gli anni '60 ne '70 hanno portato allo sviluppo urbano: le chiavi di quel progetto di massima presentato un anno fa per il quartiere verbanese. Rendere il lago ai cittadini "non solo ai turisti", ricreare il loro rapporto con l'acqua, una delle suggestioni portanti "dove il parco Cavallotti deve diventare quello che i lungo Senna, con i loro lidi, sono per i parigini. Trasformare il lungolago è un atto sociale - ha rimarcato l'architetto - la bellezza è un atto sociale". Anche aver chiamato all'appello dieci giovani è un gesto denso di significato: vuol dire affidare a loro, che ne saranno i fruitori principali, la progettazione del futuro. Nel suo intervento, uno di questi giovani, Gianmaria Beear, ha raccontato come - partendo dalla storia della vecchia Intra, da quelle cartoline col trenino e la gente a passeggio - abbiano immaginato il nuovo lungolago, con una piazza Ranzoni che si proietti sul lago, minimizzando l'impatto della strada, e un'alberatura che, pur ombreggiando la passeggiata, non precluda la vista dell'acqua.
Una piccola ma attenta platea ha seguito la discussione, nella convinzione che, comunque la si pensi, c'è tanta voglia di andare oltre alle semplificazioni dei social.
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