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VERBANIA - 05-11-2021 -- “Non siamo stati noi”. Negano ogni addebito i due imputati di lesioni aggravate a processo al Tribunale di Verbania per i fatti del 1° settembre 2018 avvenuti al pub Pachamama di Premosello Chiovenda, il cui titolare finì all’ospedale col naso semiamputato, per riattacare il quale ci vollero quattordici punti di sutura. Alla domanda dei medici del Dea sull’origine della ferita, il titolare del pub rispose che era stato morso da una cliente.

Un mese più tardi sporse querela avviando le indagini in seguito alle quali i carabinieri, già intervenuti quella notte, su sua indicazione individuarono come aggressori un uomo di 41 anni del paese e la cognata di 36. Entrambi sono a processo al tribunale di Verbania, ma affermano di non essere stati loro.

Nell’ultima udienza dibattimentale hanno testimoniato fornendo una diversa ricostruzione dei fatti. La lite col barista, confermata da tutti e dalla parte offesa (costituita parte civile con l’avvocato Marisa Zariani) non sarebbe avvenuta come sostenuto dal ferito per le ingiurie di lei -mi diedero del terrone, aveva detto-, ma per il conto salato. “Ci aveva fregati e non era la prima volta – ha raccontato l’imputata –. Lui ha reagito spingendomi contro il calorifero e mio cognato è intervenuto per difendermi. Poi il barista è andato dietro al bancone e ha impugnato una mazza”. Il bastone di legno brandito in aria è stato confermato da tutti i testimoni, ma nessuno ha raccontato che fosse stato utilizzato. “Ha colpito mio cognato e un altro ragazzo che, insieme al cameriere, sono intervenuti per disarmarlo” - ha proseguito la 36enne descrivendo al giudice quegli attimi concitati.

Le versioni divergono completamente al momento del ferimento. Il barista ha spiegato che l’uomo lo tratteneva a terra e la donna gli mordeva il naso, quasi amputandoglielo. Gli imputati negano fermamente, anche solo di averlo visto sanguinare prima di andarsene dopo che il barista, spinto in cucina, s’era calmato da solo. “Un mese dopo su Facebook lui ha pubblicato la foto del mio profilo, dicendo che l’avevo aggredito, che ero un animale e che me l’avrebbe fatta pagare. Mi sono sentita a disagio, scioccata” - ha aggiunto l’imputata, che con l’avvocato Cristina Bolongaro ha prodotto gli screenshot del social network.

Il giudice Donatella Banci Buonamici, così come il pm Anna Maria Rossi, ha domandato a entrambi come si spiegano la ferita, che è un dato di fatto, così come secondo i medici è riconducibile a un morso e nel locale non erano presenti animali. La risposta è stata: non lo sappiamo, ma non siamo stati noi.

Il procedimento è stato aggiornato a gennaio per la discussione e la sentenza. Toccherà al magistrato stabilire quale delle due versioni è la più credibile e che ricostruisce i fatti avvenuti quella sera di tre anni fa.

 

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