VERBANIA - 30-03-2021 -- Nelle scorse settimane è stato nominato il nuovo cda dell’Ente di gestione dei Sacri monti, che ha sede a Crea (Alessandria) e raggruppa i sette Sacri monti piemontesi: il Calvario di Domo e Ghiffa per il Vco, Orta, Varallo, Oropa, Belmone e Crea. È un ente strumentale della Regione di diritto pubblico, amministrato da un presidente e da un Cda di 14 membri. Il presidente è nominato, a seguito di un bando, dal presidente della giunta regionale. Il Cda è formato da un esponente dell’ente religioso che amministra il Sacro monte e da una persona indicata dal sindaco del comune in cui ha sede.
L’indennità annua lorda (cfr. Dgr 19.11.2011 n. 6-2600) del presidente è un sesto di quella d’un consigliere regionale: 17.906,52 euro. Al vice spetta un quarto: 4.476,63. Ai consiglieri il 70% del vice: 3.133,64.
L’attuale cda è stato nominato l’8 gennaio con decreto del governatore Alberto Cirio, che ha indicato come presidente Elisabetta Sgarbi, ratificando i 13 altri rappresentanti (il comune di Ghiffa, incomprensibilmente, non s’è espresso, ma è una circostanza che approfondiremo in un altro servizio, ricavate le informazioni necessarie). Sgarbi s’è dimessa il 17 marzo e la reggenza è stata affidata al domese Maurizio De Paoli, suo vice.
Secondo le norme del Foia (Freedom of information act, utilizzando il termine anglosassone) sulla trasparenza degli enti pubblici, il 20 febbraio ho presentato alla Regione istanza di accesso civico generalizzato. Volevo vedere i 18 curricula dei candidati alla presidenza, 17 dei quali accettati e uno scartato (così mi sarà detto poi) perché privo di firma in originale.
Il 17 marzo la direzione Cultura, Turismo e Commercio della Regione, notificandomi di avere avvisato i controinteressati -cioè i 18 candidati, cui è stato chiesto un parere consultivo sulla diffusione dei dati- ha respinto la mia richiesta “in quanto dall'ostensione dei dati richiesti ne deriverebbe un concreto pregiudizio ai fini della protezione dei dati personali dei soggetti interessati, essendo in essi indicati elementi aventi riflesso diretto sull'identità, sul domicilio, sui recapiti telefonici, sullo stato familiare, sulle attitudini professionali di tali soggetti. Si evidenzia, inoltre, che la presenza nelle candidature dei predetti dati e informazioni dettagliate rende particolarmente difficile, se non impossibile, l'anonimizzazione dei documenti stessi, impedendo, di fatto, anche un accesso civico parziale (…)”.
Fuori dal burocratichese: non puoi vedere i documenti per la privacy dei candidati. Ma come, mi domando, se uno si fa avanti per un incarico pubblico, peraltro non gratuito, che prevede -un’altra norma di legge- che il suo curriculum poi sia pubblicato sul sito dell’ente, come può esserci privacy?
L’ho scritto il 19 marzo nel ricorso che ho presentato a un altro ufficio, il settore Trasparenza e anticorruzione, specificando che non mi interessavano i dati sensibili quali data e luogo di nascita, codice fiscale, residenza, orientamento sessuale e politico, stato di salute… ma solo il nome e il cognome del candidato e le sue esperienze in materia. Del resto era l’oggetto del bando di selezione, ciò su cui s’è basata la scelta del governatore Cirio. Ho anche aggiunto che di due membri del nuovo Cda, sul sito dei Sacri monti –è facile controllare,a oggi erano on-line– sono stati pubblicati, non solo i curriculum vitae, ma anche tutti i dati sensibili. Di uno anche la foto.
Ieri mattina, con una nota telegrafica di cinque righe, compresa la prima che conteneva solo la parola “Gent.mo”, è arrivata la risposta al ricorso: “siamo spiacenti di comunicarLe che la sua istanza viene rigettata per le motivazioni ivi espresse”, con ivi riferito al primo diniego.
Nulla di più rispetto a prima, nemmeno una replica alle mie considerazioni, né una motivazione esauriente. Come cantava Enzo Jannacci: ma perché? Perché no.
Aggiungo, come nota di colore, che nel notificare ai controinteressati, gli stessi funzionari che con solerzia hanno tutelato la privacy dei 18 candidati, hanno inoltrato la mia domanda in originale (che sarebbe dovuta arrivare in forma anonima) con tutti i miei dati personali, tanto che uno di questi mi ha contattato – a dire il vero, con gentilezza e correttezza – per sapere quale fosse il motivo del mio interesse.
Per concludere, si può ben affermare che non è lecito, perché non trasparente ma invasivo della privacy, sapere tra quanti e quali candidati e con quali titoli, il governatore del Piemonte (un eletto) ha scelto il presidente di un ente pubblico pagato con le tasse dei cittadini.
Massimo Parma


