VERBANIA - 13-06-2020 -- Tutti colpevoli.
È terminato con tre condanne il processo per la violenta lite accaduta a Cannobio il 6 maggio del 2017. Denunciatisi reciprocamente dopo un “incontro ravvicinato” a colpi di tubo di ferro e tiracinghie e una fuga in auto con incidente, sono finiti a processo a Verbania il cannobiese Nicola Rubini e i due albanesi -padre e figlio- Muharem e Mariglen Bajrami. Reduce da una festa di compleanno con amici, Rubini s’avviò verso il parcheggio dove aveva lasciato il suo suv. Lì incontro Mariglen Bjrami, che conosceva di vista. Ebbero una discussione che si fece violenta e in seguito alla quale il giovane albanese chiamò in soccorso il padre, che ebbe parte in causa. Fu coinvolto anche un amico di Rubini, che riportò una ferita al capo prima che l’episodio si chiudesse con il cannobiese che, salito a bordo del suv, s’allontanasse a tutta velocità urtando l’auto di papà Bejrami e danneggiando un veicolo in sosta.
Un episodio spiacevole, concluso con lividi e ferite nel complesso lievi e con due auto incidentate. Un episodio per il quale già il giorno dopo i Bajrami sporsero denuncia, seguita a distanza di qualche settimana da quella di Rubini. Ciascuno disse di essere stato aggredito con violenza. Mentre l’assicurazione risarcì i danni dei veicoli bocciati nella fuga, la Procura di Verbania procedette con due fascicoli differenti, sfociati in altrettanti distinti processi che, accorpati, sono stati decisi ieri. Rubini è stato tratto a giudizio per le lesioni ai danni di padre e figlio albanesi, che hanno riportato traumi guaribili in 15 giorni, con l’aggravante di aver utilizzato un oggetto atto a offendere e dei motivi razziali (li avrebbe apostrofati per la loro nazionalità); per aver tentato di investirli; e per il danneggiamento dei mezzi.
I Bajrami sono stati chiamati a rispondere delle lesioni aggravate ai danni del cannobiese, portate con un tubo di ferro e un tendicinghia d’acciaio (lo stesso oggetto che l’altro avrebbe utilizzato nella colluttazione) e che ebbero come conseguenza lesioni con prognosi superiore ai 40 giorni. Muharem Bajrami era anche accusato delle lesioni portate all’amico di Rubini, costituitosi parte civile così come tutti gli altri protagonisti della vicenda.
Nel lungo dibattimento le parti hanno esposto tesi opposte. Rubini, difeso dall’avvocato Andrea Cattaneo, ha sostenuto di essere stato picchiato violentemente dal figlio e dal padre sopravvenuto con il tiracinghie da loro portato e di aver provocato l’incidente, non perché volesse investirli, ma scappando perché spaventato: temeva di subire conseguenze più gravi. I Bajrami (avvocati Antonello Viviano e Andrea Musso) hanno sostenuto che il cannobiese, in stato alterato dopo la festa, li avrebbe aggrediti per futili motivi.
Il pm Maria Portalupi ha chiesto 10 mesi per Rubini e 8 ciascuno per i due Bajrami. Il giudice Rosa Maria Fornelli ha invece deciso di condannare i due albanesi a un anno e il cannobiese -cui non ha riconosciuto l’aggravante dell’odio razziale e dei futili motivi- a 8 mesi. Tutti hanno il beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione tranne Muharem Bajrami, che però è stato assolto dalle lesioni all’amico dell’altro imputato. Le parti si risarciranno reciprocamente per 2.000 euro più le spese legali.


