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VERBANIA – 22.01.2020 – La segnalazione del vicino,

la perquisizione, il sequestro, l’indagine che si chiude con l’archiviazione e il dissequestro mancato per… letargo. È kafkiana, per certi versi esemplare del modo in cui la burocrazia oggi pervada, la vicenda occorsa nell’ultimo anno a una coppia di anziani verbanesi. Lui, 83 anni, vive con la moglie di qualche anno più giovane in una casa con giardino nella prima collina. In età lavorativa è stato impiegato in Sardegna e, facendo il pendolare, un giorno in cui tornò a casa portò con sé una tartaruga. Era il 1973 e, da allora -perché le tartarughe sono tra gli esseri più longevi del pianeta- l’animale ha vissuto placidamente sul Verbano, all’oscuro di quanto sarebbe accaduto al suo proprietario. Che, nel 1995, con l’entrata in vigore delle norme sulle specie animali protette, diligentemente denunciò il possesso di quattro tartarughe, di cui una -quella di questa storia- indicata da lui con il nome scientifico di “Testudo Graeca”.

A fine 2018 il vicino di casa segnalò al servizio veterinario dell’Asl, che a sua volta si rivolse ai carabinieri forestali, che l’anziano teneva in casa un esemplare di tartaruga non autorizzato. La Procura aprì un fascicolo ipotizzando una violazione penale e gli stessi forestali si recarono a casa dell’anziano notificandogli -con l’invito a farsi assistere da un legale e, dopo risposta negativa, nominandone uno d’ufficio- informazione di garanzia e decreto di perquisizione e sequestro. Nel giardino trovarono la tartaruga, che riscontrarono essere, non una “Testudo Graeca”, bensì una “Testudo Marginata” (detta anche sarda), i cui carapace sono molto simili. L’animale fu sequestrato e affidato alla moglie che, col marito, spiegò come, pur non trovandola (i carabinieri rinunciarono a perquisire anche l’abitazione), avevano la ricevuta dell’avvenuta denuncia di possesso. Quanto alla specie, ammisero di non essere esperti di tassonomia e che, quindi, s’erano sbagliati.

L’indagine ha fatto il suo corso e il pm titolare del fascicolo, comprendendo la buona fede dell’errore, ha trasmesso al Gip la richiesta di archiviazione, ratificata poi dal magistrato. Scampato il pericolo di un processo la coppia, che nel frattempo s’è fatta assistere dall’avvocato Clarissa Tacchini, ha ricevuto una seconda visita dei carabinieri forestali, chiamati a chiudere la pratica con il dissequestro. Che, però, non s’è potuto fare perché la tartaruga, cui nulla importa di tutto ciò -forse, non a caso, questi rettili vivono anche cent’anni- era sottoterra, in letargo. La morale è che, dopo tanta burocrazia, carta, verbali, indagini e archiviazioni, i militari torneranno con la bella stagione per rimettere in libertà un animale che da 46 anni era libero e che, se comprendesse tutto ciò, come minimo scrollerebbe il capo.

 

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