VERBANIA – 16.06.2019 – Gli appuntamenti
dal notaio erano già stati fissati e 19 famiglie verbanesi avrebbero finalmente acquistato l’appartamento in cui vivono da una dozzina d’anni in maniera precaria, come “fantasmi”. Arrivata con fatica in dirittura d’arrivo, la vicenda “Intra alta” s’è arenata contro una sentenza della Corte di Cassazione che, accogliendo il ricorso dell’immobiliarista Osvaldo Palese, ha annullato il fallimento della società “La Vela”. Gli atti legalmente compiuti negli ultimi cinque anni dai curatori (lo studio associato degli avvocati Riccardo Sappa e Matteo Sanvito e del commercialista Alessandro Ambroso) restano validi, ma per il resto si riparte da capo. E, nel caso della palazzina residenziale costruita tra corso Cairoli e via XXIV Maggio a Intra, non è possibile concludere il rogito davanti al notaio e trasferire, dietro il pagamento delle somme concordate e con il benestare di Veneto Banca in liquidazione a cancellare l’ipoteca, la proprietà ai promissari acquirenti.
Al di là dell’aspetto legale e burocratico, dietro questa operazione immobiliare ci sono le vicende personali di diciannove famiglie che dovranno attendere ancora chissà quanto per concludere una vicenda iniziata quasi tre lustri fa. A metà anni Duemila il gruppo Palese (otto società immobiliari, tra cui “La Vela”) avvia la costruzione di un complesso residenziale d’una ventina d’appartamenti. Chi acquista versa una caparra, che in alcuni casi è di poche migliaia di euro ma in altri pari quasi all’intero valore del contratto, entra nell’alloggio quasi ultimato e attende la fine dei lavori per completare l’acquisto. Che non si farà perché la società va in difficoltà e alcune opere non vengono portate a termine, impedendo l’ottenimento dell’agibilità. Ci si trascina per anni sperando che la crisi passi ma, nel 2013, “La Vela” chiede d’essere ammessa al concordato e, negato, nel 2014 fallisce. Da qui parte il percorso dei curatori per convincere la banca, che ha a favore una consistente ipoteca, a rinunciarvi per intero in cambio dell’impegno dei promissari acquirenti di pagare il saldo della cifra pattuita inizialmente (che è inferiore al valore ipotecario). Le trattative sono serrate, la banca stessa finisce in liquidazione coatta amministrativa e con fatica, nei mesi scorsi, si raggiunge un’intesa. A complicare il tutto interviene la Cassazione, che annulla il fallimento e che, come nel gioco dell’oca (ma questo non è affatto un gioco) riporta la pedina alla casella di partenza.