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VERBANIA – 04.06.2019 – Una, arrestata

dai carabinieri di Stresa nelle immediatezze del fatto, ha già patteggiato quattro mesi. Ora, però, a processo ci sono i suoi tre presunti complici, ai quali la Procura di Verbania contesta il medesimo tentato furto ma anche un furto con destrezza consumato il giorno prima a Gravellona Toce.

Al Tribunale di Verbania s’è aperto ieri il processo ai presunti componenti della banda dell’”abbraccio”, romeni di etnia rom accusati dello scippo di braccialetti, collane, catenine e orologi. La parentesi nel Vco degli imputati si apre il 12 luglio dell’anno scorso a Stresa, quando un ausiliario della sosta viene avvicinato da una giovane donna in via Gilberto Borromeo, nelle vicinanze dell’hotel Bristol. Ho bisogno d’aiuto – gli dice entrando nell’abitacolo dell’auto e, sedendosi sulle gambe, l’abbraccia. L’uomo la respinge, lei gli si avvicina ulteriormente come per baciarlo sul collo e, in quel momento, gli sfila la catena che ha al collo. Il derubato se ne accorge, scende dall’auto e le intima di ridargli il maltolto. La donna acconsente e se ne va a piedi. Mentre la osserva la scorge fare un cenno –come a indicare che gli era andata male– agli occupanti di una Ford Focus posteggiata nelle vicinanze. Ne annota mentalmente una buona parte del numero di targa e, sospettando sia in azione una banda organizzata, chiama i carabinieri. Nemmeno venti minuti e un’auto della stazione di Stresa individua e blocca la Focus al distributore di Carciano. In banca dati quella vettura è segnalata come sospetta proprio perché utilizzata per fatti del genere. I militari identificano i due uomini (che sedevano davanti) e le due donne (accomodate dietro) a bordo e li portano in caserma dove, chiamato a identificare colei che gli aveva tolto la collana, l’ausiliario della sosta riconosce la giovane. I carabinieri la arrestano e la mandano a processo per direttissima: patteggia.

Le indagini, tuttavia, non si fermano. Come testimoniato ieri in aula dal vicecomandante della stazione di Stresa, l’Arma procede sulla base dei precedenti di polizia dei tre e scopre che il giorno prima, a Gravellona Toce, un verbanese era stato derubato della catena d’oro con le stesse modalità. Lo convocano in caserma e questi riconosce immediatamente l’uomo che gli aveva staccato il monile e, scoperto, aveva finto –con una sorta di gioco di prestigio– di restituirglielo in un sacchetto annodato che in realtà conteneva ferraglia.

I tre alla sbarra sono un 28enne, marito della condannata, una ventiduenne e un ventenne di nazionalità romena. Ieri il got Marta Perazzo ha ascoltato le testimonianze dei due derubati e il maresciallo dei carabinieri che compì le indagini, aggiornando il processo al 30 settembre per gli ultimi testi e la discussione.

 

 

 

 

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