VERBANIA – 20.12.2018 – Assolti con formula piena
tutti i medici e rimessi gli atti alla Procura per indagare sulla paziente. Ha completamente ribaltato l’esito delle indagini il processo per lesioni colpose aggravate che ha visto accusata un’equipe medica del Coq di Omegna. I professionisti che il 30 gennaio del 2015 eseguirono chirurgicamente l’eradicazione di tutti i denti di Giuliana Monaci Bonoli, 57enne di Gravellona Toce, era accusata di averlo fatto a sua insaputa o, meglio, senza che le fosse spiegata l’invasività di quella cura e fosse stato ottenuto il consenso informato. Così la donna aveva detto al dentista alla quale s’era rivolta dopo l’operazione, l’ossolano Alcide Pirazzi Maffiola, ripetendolo poi all’avvocato Ferdinando Brocca al quale questi l’aveva indirizzato. Dalla denuncia, esaurite le indagini, è scaturito il processo che oggi il giudice Raffaella Zappatini ha concluso con l’assoluzione di tutti e quattro i medici – Giuseppe Verdino, Valerio Cotto, Denis Ippolito e Samuele Arnaldo Pozzi Taubert – che prelude a un’indagine della paziente, costituita parte civile proprio con l’avvocato Brocca, per i reati di falsa testimonianza e calunnia.
Che quell’intervento così drastico fosse eccessivo rispetto alla patologia diagnosticata, una parodontite cronica, è stato affermato da tutti i consulenti e confermato dai medesimi imputati. La signora Monaci Bonoli avrebbe dovuto subire l’eradicazione al massimo di sei denti, da integrare con protesi e ponti per qualche migliaia di euro. La bonifica totale del cavo orale (“Bco tot.” è la sigla attribuita a questo tipo di intervento dai medici del Coq), invece, sarebbe stata a costo contenuto perché coperta dal servizio sanitario nazionale, così come (in parte) le due dentiere che avrebbe dovuto mettere successivamente e per le quali aveva già prenotato una visita.
Questa circostanza, unita soprattutto alla testimonianza di un altro medico –un collega non indagato– presente il giorno in cui la paziente fu informata dell’operazione, hanno orientato la decisione del giudice. Che, rispetto alla richiesta di assoluzione –ma con la formula del dubbio– chiesta dalla stessa accusa tramite il pm Anna Maria Rossi, è andata oltre, accogliendo le tesi degli avvocati difensori. Per l’avvocato Stefano Brovelli, legale di Cotto, la parte civile ha dichiarato il falso almeno quattro volte nella sua deposizione: la cartella clinica era debitamente compilata – ha detto – e l’intervento ha rispettato le linee guida; non farlo nonostante fosse invasivo l’avrebbe comunque esposta al rischio mortale di infezioni. Tesi, questa, ribadita da Giovanni Rossi. Il difensore di Verdino ha invitato il giudice a non considerare i ragionamenti sul tipo di operazione effettuata, ma di concentrarsi sul consenso informato, che era stato raccolto come confermato dai testi, che hanno “smascherato la falsa dichiarazione” della parte civile, per cui ha chiesto la trasmissione degli atti (anche per il dottor Pirazzi Maffiola), al pari di Giuseppa Roccasalava, legale di D’Ippolito. Ancor più netta la posizione di Pozzi Taubert, “che non era nemmeno presente quel giorno, limitandosi a un passaggio al Coq prima dell’operazione – ha detto l’avvocato Annamaria Possetti – e a presenziare alle dimissioni, avvenute senza che vi fossero rilievi”.
L’avvocato Brocca ha puntato sulla buona fede della sua cliente, sulla difficoltà per lei -che ha la terza media- di capire sigle mediche non chiare, e sul fatto che comunque i medici non avrebbero dovuto eseguire un intervento che sapevano sarebbe stato mutilante per la paziente.


