VERBANIA - 11.11.2018 - Oltre quel muro
c'è un mondo d'insospettabile verde e di prevedibili erbacce, di strade punteggiate dalle pozzanghere, dritte, incrociate ad angolo retto in un ordine di disfatte geometrie che si rispecchiano nelle palazzine senza più uffici, nei depositi dove riecheggia il nulla, negli scheletri dei capannoni svuotati dalle macchine, nelle vetrate infrante, nei muri scrostati, nei cartelli che stoicamente resistono, per nessuno: "A13 Laboratorio chimico", "Mc Magazzino cellulosa", "SS Deposito solforico", "Sc Trattamento acque" e così via. Girate a destra o a sinistra, non cambia nulla. S'incontrano solo altre erbacce, altri scheletri di cemento e mattoni a combattere contro il tempo e l'abbandono.
L'area ex Acetati è questa. Ciò che resta di 70 anni di storia industriale della città è tutto qui: in questi 190.000 metri quadrati di memorie alle intemperie, un piccolo quartiere che si vorrebbe, che si deve restituire alla città e che oggi è stato aperto per una visita guidata, una sorta di tour postindustriale legato al progetto di riqualificazione.
La signora Giovanna non nasconde l'emozione, per meglio guardarsi in giro s'è seduta in prima fila, accanto alla figlia (assessore Laura Sau) sul bus che porta a piccoli gruppi i visitatori nel sito industriale. Alla Montefibre ha lavorato per 33 anni, racconta. E prima di lei i nonni e il padre, e poi il marito, che però lavorava negli uffici. Troppi ricordi le si affollano nella mente per non inumidirle gli occhi: il rumore delle macchine dove ora è silenzio, il traffico di uomini e mezzi dove ora è deserto, le lunghe camminate per raggiungere il posto di lavoro in quella piccola città nella città che era la fabbrica. Com'è stato ritornare? "Non me lo faccia dire, non me lo faccia dire".
Ad accompagnare il tour guidato, il responsabile del sito per "Acetati Immobiliare", l'ingegner Silvio Valerio. Il racconto di cosa è stata Acetati dal 1929 alla chiusura nel 2010 e cos'era ancora prima: un pezzo di campagna ai confini della città. E poi la produzione di acetato di cellulosa, che nel dopoguerra si affianca a quella del nylon (andata avanti sino agli anni '80) e dopo 70 anni la crisi, la globalizzazione che porta in Asia tutti i clienti dell'acetato di cellulosa prodotto a Pallanza, quindi la chiusura e la pesante eredità lasciata da Montedison: 450 tonnellate di amianto che coibentava gli impianti, poi smontati. Amianto costato vite umane e una complessa vicenda giudiziaria non ancora finita. L'amianto è stato rimosso, ma al momento della "caratterizzazione ambientale" (il complesso di procedure che include le analisi di rischio sui terreni per i vari elementi inquinanti), ne è stato trovato altro seppellito. "E' sotto terra, quindi non rappresenta un pericolo - chiarisce Valerio - ma se non fosse per l'amianto le analisi di rischio ci dicono che non sarebbero necessari particolari interventi". Mentre è in corso la "caratterizzazione ambientale", l'arrivo del masterplan presentato nelle settimane scorse sul futuro dell'area: "L'area deve diventare un pezzo di città"". Molti di quegli edifici, che mantengono tutta l'eleganza in disarmo dell'archeologia industriale, saranno mantenuti nel loro aspetto esteriore; altri dovranno essere abbattuti, altri ancora, come la palazzina degli uffici o l'edifico anni '20 della foresteria, necessitano di interventi minimi per rientrare in funzione.
Come, con quali fini e modalità sarà riconvertita la ex Acetati è la sfida urbanistica più importante che Verbania si troverà ad affrontare nei prossimi anni. Sarà la politica a doversi confrontare, a mediare, a cercare i migliori equilibri tra le esigenze della proprietà e quelle della città; per il finale di una storia ancora tutto da scrivere.
Antonella Durazzo


