
VERBANIA – 25.10.2018 – Tutto in meno di otto giorni.
È strettissimo, quasi da record, il tempo impiegato dal comune di Verbania per dire sì al Masterplan di Acetati Immobiliare e per avviare il percorso di approvazione del piano particolareggiato che farà di una parte dell’ex polo chimico di viale Azari un outlet, un “parco urbano del commercio”. La richiesta è stata depositata alle 16,59 d martedì 16 ottobre e la giunta ha detto sì alle 14 di mercoledì 24. In mezzo, oltre al fine settimana, c’è stato il breve passaggio –un’ora circa di riunione, anche alla presenza di tecnici d’area, nella sede del Pd di via Roma– con cui il progetto è stato illustrato ai consiglieri comunali e agli esponenti di partito. Oggi, a 24 ore dall’approvazione in giunta, è già stata pubblicata la delibera, ed è stata convocata per lunedì in pompa magna nel foyer del “Maggiore” una conferenza stampa con i vertici e i consulenti di Acetati Immobiliare. E chissà che a breve non ci sia quell’open day nell’ex fabbrica di cui il sindaco Silvia Marchionini ha parlato al Pd martedì sera.
Le date sono la conferma che c’è fretta di chiudere, da entrambe le parti. E non solo per le comprensibili ragioni di scadenza (di mandato ed elettorale, perché candidarsi nel giugno 2019 con l’avvio del recupero di Acetati è un boccone prelibato per Marchionini) della parte pubblica, ma anche per le esigenze di una proprietà che è letteralmente sull’orlo del fallimento.
Leggendo tra i documenti del Masterplan, si scopre che di questa ipotesi (la proprietà l’avrebbe già presentata a potenziali investitori immobiliari) si parla dal 2016, lo stesso anno in cui il gruppo consiliare Comunità.vb, oggi rappresentato da Patrich Rabaini ma allora dall’ex assessore all’Urbanistica Marco Parachini, uscì con una nota stampa sibillina ventilando –circostanza smentita dall’Amministrazione– di una proposta di outlet. Già in allora, però, il ragionamento della proprietà era quello. Ed è circolato, ciclicamente nei due anni successivi, anche negli ambienti politici del Pd, senza mai trovare conferme o dati certi sino alla scorsa settimana. Se Acetati Immobiliare stringe i tempi è perché l’intero gruppo tortonese Mossi & Ghisolfi (1,7 miliardi di euro di fatturato nel 2016), di cui fa parte e del quale è una piccola componente, dall’ottobre scorso è in concordato preventivo al Tribunale di Alessandria dopo aver chiuso quattro esercizi in rosso ed aver accumulato 2,5 miliardi di debiti, di cui 500 milioni in Italia.
La proprietà ha quindi una gran fretta di vendere per fare cassa e, in prima istanza, per completare con i soldi che entrerebbero dalle prime lottizzazioni (il progetto è dichiaratamente pensato come una speculazione immobiliare) la bonifica del sito industriale dismesso dal 2010. Eloquente di come Acetati abbia l’acqua alla gola è il passaggio in cui si dice, al termine delle premesse: “deve quindi essere sottolineato che – qualora Acetati non fosse in grado di completare gli interventi di bonifica nei tempi più brevi perché nell’impossibilità di vendere le aree dello stabilimento in assenza di approvazione della trasformazione urbanistica – i costi del risanamento ambientale ricadrebbero sulla collettività”. Non è difficile leggere questa riflessione, se non come un “avvertimento”, quantomeno come un invito a correre.
Né è difficile cogliere in questo stile un po’ gretto la nobiltà decaduta della multinazionale tortonese. Mossi & Ghisolfi fu invitata e agevolata a fine anni ’80 a rimettere in funzione l’ex Montefibre (già Rhodia) la cui chiusura aveva provocato enormi perdite di posti di lavoro e di ricchezza per la città. M&G aprì Acetati, costruì Italpet e poi, pochi anni dopo, abbandonò Verbania, prima vendendo Italpet agli americani di Plastipak, poi cedendo il know-how di Acetati in Cina. Ai licenziati di Verbania offrì un posto di lavoro a Crescentino, in provincia di Vercelli, nel nuovo impianto di biocombustibile ceduto di recente nell’ambito del concordato. La parentesi verbanese, salvo la bonifica (ancora da fare e che si trascina nei progetti da qualche anno), sembrava chiusa con la non urgente gestione immobiliare, che però è diventata urgente nel momento in cui il gruppo è andato in crisi.


