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comaita fabrizio

VERBANIA – 28.09.2018 – Non ci fu nessuna truffa

alle aziende sanitarie e, anche negli episodi di incongruenza negli orari, non c’è stato alcun reato. È finito con un’assoluzione piena il processo al pediatra domese Fabrizio Comaita. Oggi il giudice Rosa Maria Fornelli ha pronunciato la sentenza che lo scagiona dall’accusa di aver ottenuto rimborsi gonfiati, sia nel progetto del Country pediatrico domese, sia nei vari ospedali in cui era (con i colleghi) consulente esterno.

Tre anni fa la Procura di Verbania mise Comaita sotto indagine perché sospettava che lui e i medici “gettonisti”, riunitisi in un’associazione di professionisti di cui era il coordinatore, coprissero meno ore di quelle concordate nel contratto con le diverse Asl. I pediatri, infatti, erano chiamati come supporto esterno in più ospedali di Piemonte e Lombardia (Domodossola, Borgosesia, Angera, Alba e Calcinate) perché, mancando medici in organico, fornissero quella presenza indispensabile affinché non chiudessero i reparti. Al termine delle indagini il sostituto procuratore Sveva De Liguoro individuò in Comaita l’unico responsabile (altri medici del team non sono stati rinviati a giudizio) di una truffa aggravata.

Al centro delle contestazioni ci sono stati i turni coperti consecutivamente in nosocomi distanti centinaia di chilometri tra di loro. Come potevano i medici smontare dalla notte alle 8 a Domodossola e iniziare alla stessa ora il turno a Borgosesia? Oppure ad Angera ed Alba? Su questo interrogativo, ricostruiti i diversi episodi anche con l’acquisizione di tabulati telefonici utili a stabilire il luogo in cui si trovassero Comaita e i suoi colleghi, e con l’indicazione che a Calcinate –in provincia di Bergamo– una mattina alla settimana operava personale interno e non i consulenti, sono stati costruiti i 16 capi d’imputazione su cui a lungo hanno dibattuto accusa e difesa. Comaita, difeso dagli avvocati Marco Ferrero e Marisa Zariani, ha sempre sostenuto che il servizio non si fosse mai interrotto, che in attesa dell’arrivo di un pediatra ce n’era un altro a coprirlo e che i contratti non sempre prevedevano la presenza fisica in ospedale, ma la reperibilità oppure la disponibilità ad accompagnare i piccoli pazienti in ambulanza. Il processo, che ha visto sfilare come testimoni numerosi pediatri ma anche le mamme di bambini che hanno raccontato di scarsa assistenza ricevuta in casi di emergenza, s’è mosso sullo sfondo di un’emergenza della sanità italiana, quella in cui c’è penuria di medici specialisti e per correre ai ripari si prendono professionisti dove ci sono, tamponando le emergenze.

Per la truffa aggravata il pm De Liguoro aveva chiesto la condanna a 2 anni e 4 mesi. Il giudice, preso atto che non ci sono state repliche alle requisitorie del 20 luglio scorso, dopo una decina di minuti è uscita ha lasciato la camera di consiglio pronunciandosi per l’assoluzione, accolta come una liberazione dal pediatra.

 

 

 

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