
TORINO – 20.09.2018 – Prosciolti perché il reato
è estinto per prescrizione. È arrivata direttamente da Torino, senza discussione o un’udienza in cui le parti abbiano potuto ribadire le proprie posizioni, la sentenza che chiude con un nulla di fatto il processo per truffa aggravata sull’acquisizione e la successiva cessione dell’ex PalaBpi di piazza Fratelli Bandiera, a Intra. Nei giorni scorsi Alberto Furlan e Alberto Actis, allora responsabili del Cisom – Corpo italiano di soccorso dell’Ordine di Malta, hanno ricevuto dalla Corte d’Appello di Torino la comunicazione che l’impugnazione alla condanna di 8 mesi e 15 giorni ciascuno (con i doppi benefici della sospensione e della non menzione) s’è risolta con la dichiarazione dell’accertata prescrizione. Troppo tempo è passato dalla commissione del reato alla pronuncia del secondo grado di giudizio (e, teoricamente, ce ne sarebbe potuto essere un terzo, in Cassazione) e, pertanto, non si può andare oltre.
La vicenda, che ebbe risvolti politici con le dure critiche del Pd perché all’epoca Actis era consigliere di maggioranza a Verbania, nacque nel 2010, quando il Cisom stava realizzando il campo volo di Pieve Vergonte per utilizzarlo come base per una squadra aerea di volontari da impiegare anche – era stato sottoscritto un protocollo in prefettura – per la prevenzione degli incendi boschivi. L’associazione chiese un contributo economico ad alcuni Comuni e da Verbania ottenne gratuitamente (con costi di smontaggio a proprio carico) il palatenda ex Bpi che la giunta Zacchera voleva smantellare per realizzare, così come è oggi, un parcheggio nella zona dell’ex Macello. Palatenda che fu ceduto a una cooperativa di San Pietro Mosezzo in cambio di un capannone che finì a Pieve Vergonte. Quest’operazione, che si fece tramite una Onlus vicina al Cisom, fu ritenuta dalla Procura di Verbania –le indagini furono condotte dalla sezione di pg dei carabinieri– come una truffa. Nel processo di primo grado Actis e Furlan, che hanno sempre sostenuto di aver agito per finalità benefiche senza ottenere vantaggi economici dall’operazione (nessuna contestazione è mai stata mossa alla giunta verbanese o agli uffici per aver ceduto gratuitamente il bene, valutato dai tecnici come di valore inesistente, pari a quello di demolizione), furono condannati nel gennaio 2013. Presentarono appello ma il loro ricorso è rimasto in un cassetto della Corte d’Appello di Torino a prendere polvere per più di cinque anni, uscendo dai sette anni e mezzo che sono il limite della prescrizione.


