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VERBANIA – 13.09.2018 – Benvenuti nella scuola italiana,

in un Paese che si dà severe norme di sicurezza e non le rispetta per poi, all’improvviso, allarmarsi per le emergenze e correre ai ripari. Il “caso” dell’istituto alberghiero Erminio Maggia di Stresa è da manuale, paradigma dell’italico lassismo.

Da tredici anni c’è una scuola superiore di eccellenza, l’Alberghiero, che in perenne penuria di aule attende una nuova sede. Una sede che non arriva per la combinata azione della politica e della burocrazia: perché il sito non va bene e va cambiato (il progetto anche), perché l’appalto va per le lunghe e l’impresa fallisce, perché mancano i soldi…

In questi tredici anni migliaia di alunni – più di 800 in media ad anno scolastico – hanno studiato in aule e laboratori inadeguati, strapazzati tra quattro plessi nemmeno contigui, presi in affitto dalla Provincia (che, per inciso, nemmeno paga con regolarità e ha debiti di qualche centinaia di migliaia di euro), l’ente teoricamente chiamato a gestire le scuole superiori, nonché a vigilare sulla sicurezza di quei luoghi, a curare le manutenzioni, ad accertarsi che entrare in classe non sia un pericolo.

Sino a poche settimane fa nessuno degli enti preposti s’è mai preoccupato della situazione del “Maggia” e della sua sicurezza, altrimenti si sarebbe intervenuto prima, perché lo stato degli edifici non può essere rubricato come una novità.

Il casus belli è stato il Consiglio provinciale aperto sul futuro della nuova sede durante il quale, il 27 agosto (a 15 giorni dalla prima campanella), la preside ha dichiarato pubblicamente che esistono problemi di sicurezza e che questi sono stati evidenziati alla Provincia. L’allarme non poteva essere ignorato dagli uffici. È stata stesa una relazione, s’è parlato di lavori ma la situazione è precipitata lunedì, primo giorno di scuola, quando gli studenti si sono rifiutati di entrare in aula e si sono fatti sentire persino i sindacati, altro soggetto rimasto silente negli anni. In poche ore è maturata la decisione di non utilizzare più l’Europeum e in prefettura s’è mediato convergendo su Baveno, che alla Provincia va benissimo perché non costa un centesimo.

Proprio i soldi che non ci sono, sottratti da tutti gli ultimi governi alle Province, infischiandosene della sicurezza scolastica e di quella delle strade, sono all’origine di questo gioco che somiglia al rimpiattino ma che sa un po’ di scaricabarile. Senza soldi i lavori di manutenzione non si possono fare. Toccherebbe alla politica recuperarli, ma non ne è stata finora in grado. E i tecnici? Fanno quel che possono. Posti di fronte a due strade devono scegliere tra chiudere le scuole se mancano le condizioni di agibilità o sicurezza, o tra il barcamenarsi sperando che nessuno sollevi il problema. Ciò che ha fatto la preside il 27 agosto è stato esattamente questo: affermare, in un contesto istituzionale e pubblicamente, che la scuola non è sicura. Tutto ciò che è accaduto dopo – molte situazioni sono anche forse sfuggite di mano – è una diretta conseguenza perché, come insegnano fatti di cronaca vecchi e nuovi, gli allarmi ignorati possono avere, in caso di incidenti, pesanti conseguenze. Il problema del “Maggia” da questione di dignità degli studenti e della scuola, è così diventato il problema di chi si assume la responsabilità di aprire o chiudere le aule.

 

 

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