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ROMA – 11.08.2018 – Sentenza cassata

e rispedita alla Corte d’Appello di Milano per rideterminare l’importo della sanzione. Da 6,7 milioni a (probabilmente) 300.000 euro è lo “sconto” che la Corte di Cassazione ha applicato a Intrafid e ai suoi due ex amministratori delegati, multati anni fa dal Ministero dell’Economia e delle finanze dopo un controllo dell’Ufficio italiano cambi sull’aggiramento delle norme antiriciclaggio. Intrafid, che oggi è in liquidazione, era una società controllata della Banca popolare di Intra, prima ancora dell’accorpamento con Veneto Banca. È la società che ha effettuato, negli anni in cui il coinvolgimento diretto nel crac Finpart ha messo a serio rischio l’istituto, tanto da spingerlo verso le nozze (oggi, col senno di poi, diremmo infauste), operazioni riconducibili proprio a Finpart, la holding della moda dichiarata fallita nell’ottobre 2005 e dal cui fallimento s’è originato un processo per bancarotta fraudolenta. Nell’affermare che quelle operazioni dovevano essere segnalate all’antiriciclaggio il Mef fu molto pesante nelle sanzioni: 6,7 milioni in solido tra la società e i suoi due amministratori. Che, tra un ricorso e l’altro e dopo due pronunciamenti in altrettanti gradi di giudizio nel 2014, sono arrivati sino in Cassazione per chiedere di rivedere quelle cifre, avendo ragione. Gli ermellini hanno interpretato nell’orientamento del favor rei un decreto legislativo del 2017 che, alla voce sanzioni, fissa multe tra 30.000 e 300.000 euro e non, come in precedenza quando la sanzione fu irrogata, una percentuale sulle operazioni sospette. Per questo motivo la Cassazione ha parzialmente accolto l’appello e ha invitato Milano a rideterminare le sanzioni secondo quanto di legge.

 

 

 

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